Se i Funeral Mist sono considerati al giorno d'oggi una band di culto nel mare magnum del black metal, lo devono sicuramente al folgorante debutto avvenuto con "Salvation". Il recente ritorno sulle scene, dopo una pausa durata sei anni, compiuto con l'ottimo "Maranatha", non ha fatto altro che confermare l'assoluta eccellenza della musica targata Funeral Mist. Ma è con "Salvation" che i nostri si sono imposti all'attenzione degli appassionati, dando alla luce un disco che è già considerato tra i classici del genere, definendo alcuni canoni stilistici che contribuiranno alla nascita/crescita del movimento “religious black metal”.
Un disco che fa della violenza il suo asse portante, una violenza inaudita, cieca, senza il minimo compromesso, un assalto sonoro barbarico privo di scrupoli, lanciato a velocità impressionanti. È come se le canzoni fossero impregnate da un senso del caos che difficilmente gli svedesi avrebbero potuto rendere meglio, una tempesta di inusitata potenza mossa unicamente dall'odio, dal malessere di vivere, da una rabbia che per troppo tempo covava sottopelle e che finalmente ha avuto l'occasione per uscire allo scoperto. Un lavoro dannatamente oscuro ed estremo, che riesce a coniugare perfettamente la frenesia del black di matrice svedese, con la proverbiale profondità della scuola norvegese, in un ibrido impressionante che non è semplicemente la somma degli addendi, ma molto di più.
Sì perché pur non inventando nulla, i Funeral Mist si elevano per la carica infernale che sono riusciti a infondere in "Salvation", per la perfezione del riffing, delle strutture, nella cura con cui tutto è stato confezionato. In questo senso siamo lontanissimi dal black storico degli esordi, qui tutto è stato studiato nei minimi dettagli, facendo in modo che non si perdesse il classico feeling che il genere deve esprimere, anzi, enfatizzandolo ancor di più con inserti (all'epoca) abbastanza inusuali come canti gregoriani, litanie in latino, evocazioni, oltre a un campionario di effetti che sottolineano ed esaltano la malignità di quest'opera. Forte poi di una produzione esemplare, "Salvation" è uno di quei full-length che ad ogni ascolto regalano sempre nuove sfumature, facendo leva su soluzioni tecniche semplici che però lasciano il segno, intrise di una spiritualità difficilmente riscontrabile altrove.
È come se la continua furia espressa dalla band fosse strettamente necessaria, non un semplice mezzo per esprimersi col rischio poi di assuefare l'ascoltare, ma una spinta inesorabile che pervade ogni secondo del disco, talmente elevata e “pura” da passare quasi in secondo piano una volta assimilato l'album. È proprio qui che "Salvation" detta legge, nel suo essere spiritualmente e concettualmente elevato, nonostante la proposta possa sembrare in apparenza troppo focalizzata sulla ricerca assidua della violenza a tutti i costi. Esempi concreti sono tracce come "Agnus Dei", la massacrante "Breathing Wounds", la doppietta micidiale "Perdition's Light" (da applausi la vena epica del riffing) e "Across the Qliphoth", giusto per citarne qualcuna. Ovviamente l'abilità del terzetto guidato da Arioch (accreditato a voce, chitarra e basso, conosciuto anche come Mortuus, attuale cantante dei Marduk) è stata quella di stemperare l'aggressività con soluzioni magistrali, continui stacchi, cambi di regime, rallentamenti inseriti nei momenti appropriati, oltre agli inserti di cui parlavamo sopra, in modo da rifinire al meglio la proposta senza perdere il carattere ruvido e sporco tipico del genere. Una sintesi tra brutale “ignoranza” e padronanza compositiva mirabile, che raggiunge l'apice in episodi come "Holy Poison", per non parlare poi delle due “suite” da dodici minuti l'una: "Circle of Eyes" e "In Manus Tuas". Un paio di accordi, andamento lineare, ma puro feeling nero come la pece.
In tutto questo assume importanza fondamentale la prova di Arioch al microfono; non un semplice screaming, ma un intero arsenale di urla, invocazioni, regimi vocali dai toni declamatori, sempre pronti ad assecondare l'umore delle composizioni. Se non lo avete ancora capito ci troviamo a uno dei dischi migliori che il black metal possa offrire, un lavoro che definisce nuovi standard, sapendo guardare avanti senza rinunciare alle lezioni del passato, rifinito sotto tutti i punti di vista. Non un disco semplice, i Funeral Mist non vogliono cullarvi, vogliono solo sbattervi in faccia tonnellate di materia nera e maleodorante... Sta a voi decidere se assecondarli oppure no. Capolavoro.
Funeral Mist
Salvation
2003, Norma Evangelium Diaboli
Black Metal
01.Agnus Dei
02.Breathing Wounds
03.Holy Poison
04.Sun of Hope
05.Perdition's Light
06.Across the Qliphoth
07.Realm of Plagues
08.Circle of Eyes
09.Bread to Stone
10.In Manus Tuas