Howl
Howl

2009, Relapse Records
Sludge

Recensione di - Pubblicata in data: 16/12/09

Come si conviene quando si va a mangiare in un ottimo ristorante, delitto non perdonabile è saltare l’antipasto. Nello splendido mondo delle cucine Relapse, dove con disinvoltura si passa da forme sperimentali di rock a band devastanti e tritasassi, ci viene offerta, per stuzzicare l’appetito, l’ennesima ibrida creatura metallica di nome Howl.

Ci troviamo di fronte a una pianta carnivora che ha le radici nel metal estremo; il quartetto, che comprende anche una bionda e (poco) angelica seconda voce femminile (Andrea Black), si affianca alle ondate di nuovi e vecchi eroi dello sludge-core, molto influenzate dalle sonorità Southern rock made in the U.S.A., come Crowbar, Eyehategod e Kylesa, tra i migliori esponenti del genere.
Proprio questi ultimi, forse per via del doppio cantato uomo/donna, sembrano il termine di paragone più vistoso, nonostante il combo di Providence evidenzi delle sfumature sicuramente più death che crust punk. L’EP omonimo è composto di soli tre brani per una durata totale di dodici minuti, certo troppo poco per farsi un’idea chiara delle potenzialità della band.

"Oma" e "And The Gnawing" sono matasse sonore ingabbiate nella pece, inni da pogo con birra alla mano grazie a riff ultra heavy. Unica nota negativa è legata al fatto che  convince un po’ meno la voce del cantante, mentre sono molto belle le atmosfere diabolicamente thrash anni ottanta e gli innesti urlanti di Andrea.
Ottima la conclusiva "Kings That Steal" che, nonostante rimandi fortemente agli Slayer, è il brano più convincente del trittico.

Buono l’antipasto, attendiamo la prossima portata.





01. Oma
02. And The Gnawing
03. King That Steal

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool