Craft
Fuck The Universe

2005, Carnal Records/Southern Lord Recordings
Black Metal

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 07/01/10

Dopo due album che ne hanno decretato lo status di “band di culto” per i nostalgici del black nudo e crudo, gli svedesi Craft salgono agli onori della cronaca con questo nuovo “Fuck The Universe”, terzo capitolo di una discografia che sembra aver spiccato il volo verso le sfere più alte del genere.

Da sempre considerati, non a torto, fieri debitori del “Darktrhone sound”, se non proprio cloni (da larga parte dell'audience), i nostri decidono di dare vita a uno degli album migliori degli ultimi anni, elevando il classico black messo in mostra nelle prime uscite, aggiungendo tutta la strafottenza dell'hard rock/stoner più grezzo con elementi riconducibili alla sfera del depressive, in quegli anni quasi una moda dilagante. Bene se vi sembra qualcosa di poco conto, vi consiglio caldamente di dare un ascolto a “Fuck The Universe” e capirete che la combinazione di questi ingredienti rivela una miscela a dir poco esaltante e malata.

Sì perché quello che più interessa ai Craft è far trasparire tutta la rabbia e il disprezzo che cova nei solchi della propria musica, trasformandosi quasi in una stoner band che sa quando accelerare con rasoiate dalla profondità a tratti imbarazzante, abbassare i regimi in pastosi rallentamenti o piazzare efficaci fraseggi che mettono in mostra la buonissima padronanza tecnica degli svedesi. In “Fuck The Universe” non c'è grazia, non c'è eleganza, tutto è pervaso da un alone maleodorante e densissimo, tracce nelle quali Craft mostrano una padronanza nel saper gestire e calibrare la cartucce a disposizione come meglio non si poteva. Un album che vuole essere minimale ma che si rileva per contro poliedrico e molto strutturato, alternando brani lungamente studiati, dal songwriting di livello superiore, efficaci nell'assalire gli ascoltatori con soluzioni ad effetto, ma al tempo stesso in grado di inquietare, con un senso di angoscia che affiora a più riprese per tutta la durata del disco.

Un ensemble micidiale che rispecchia fedelmente il significato del titolo, un grosso dito medio che non guarda in faccia a nessuno, irriverente, sguaiato, basti ascoltare l'opener “Earth a Raging Blaze”, che da sola varrebbe l'acquisto, o “Fuck the Universe”, in cui nel giro di qualche secondo si passa dal rock "alla Motorhead", al black tiratissimo, toccando lo stoner, verso un crescendo finale pesantissimo ed “etereo” da pelle d'oca, in cui la voce di Mikael Nox vomita liquami quasi fosse posseduto. Undici canzoni che potenzialmente potrebbero aggiudicarsi la palma di migliore del lotto: “Demonspeed” stupisce per la facilità dei Craft di rapire l'attenzione con strutture semplici e immediate, “Xenophobia” prima ci prende a pugni e poi ci ride sarcasticamente in faccia sul finale, “According to Him” e “Principium Anguis” testimoniano ancora una volta il livello raggiunto dai nostri, ormai padroni di uno stile che travalica i confini canonici del black, senza darne l'impressione, anzi rimanendo formalmente intransigenti come pochi.

Un disco che gli amanti del genere non possono lasciarsi scappare; non saranno degli innovatori i Craft, ma va detto che album del genere non ne escono tutti i giorni, eccellente sotto tutti i punti di vista, dalla minimale veste grafica, sino alla produzione. Certo, vista la totale chiusura dell'ascoltatore medio, verranno visti anche dopo questo “Fuck the Universe” come dei cloni o poco più... Non è difficile immaginare l'ipotetica risposta dei nostri, un bel “fuck you” stampato in volto,  con buona pace di chi si sogna, al giorno d'oggi, di creare opere di tale portata.



01.Earth a Raging Blaze

02.Thorns in the Planet's Side

03.Fuck the Universe

04.Assassin 333

05.Demonspeed

06.Terni Exustæ: Queen Reaper

07.Xenophobia

08.The Suffering of Others

09.Destroy All

10.According to Him

11.Principium Anguis

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