Golem
Dreamweaver [Reissue]

2010, Metal Mind Productions
Death Metal

Recensione di Marco Somma - Pubblicata in data: 17/02/10

Nati nell’89 a Brandeburgo da un gruppo di ragazzi tra i 14 e i 15 anni, i Golem possono vantare un ruolo chiave nella storia del Death melodico, ma anche una storia personale a dire poco sfortunata. A tre anni dalla formazione, subito dopo la pubblicazione di un primo ep, il gruppo viene colpito dalla morte del bassista Max in un incidente d’auto. I ragazzi decidono di non farsi scoraggiare ed andare avanti nel progetto; trovato un nuovo bassista nei primi mesi del 1993, incidono un nuovo demo dal titolo “Recall the day of incarnation”, con l’impressionante contenuto di 11 brani.

La sfortuna aspetta però la band al varco. Poche settimane dopo un nuovo incidente, questa volta in moto, uccide il secondo chitarrista arruolato non molto tempo prima. Sembra che un maledizione gravi sul gruppo, ma anche quest’ennesimo colpo non ferma i nostri eroi dal proseguire la strada intrapresa. Il demo fa il giro di molte case discografiche, fino a quando la Invasion Records non offre loro un contratto per la pubblicazione di due album. Contemporaneamente il ritorno del batterista originale Michael Marchalkdona, dona nuovo slancio alla formazione. Il primo Lp del 1995 “Eternety – The weeping Horizons” viene in principio accolto tiepidamente, ottenendo un discreto successo solo con il passare degl’anni. Segue un cambio di etichetta e la pubblicazione nel 1998 del secondo album “The 2nd Moon” e questa volta il disco conquistafin da subito l’entusiasmo tanto dal pubblico quanto dalla critica. Devono passare ancora molti anni e non meno traversie prima che un nuovo lavoro dei Golem possa vedere la luce. L’attesa è però premiata nel 2004 con l’uscita di "Dreamweaver".

Formidabile, doloroso e galvanizzante. La re-release del terzo full length dei tedeschi Golem è una di quelle offerte che difficilmente si possono rifiutare. Un disco che va al di là del bene e del male, sondando e sperimentando sensazioni intense ai limiti del disturbante. La fusione tra death metal, progressive e la seducente vena melodica che permea quasi ogni nota, fa di questo disco un must assoluto per chi ha corde che risuonano al solo pensiero di Death, Opeth o Morbid Angel. Ma i paragoni con altri grandi nomi devono necessariamente finire qui. Seppure il marchio Golem non sia forse mai riuscito a raggiungere i livelli di popolarità dei suddetti, non c’è alcun dubbio che i Golem non sono un mero gruppo di derivazione; fin dal primo ascolto è impossibile non riconoscerne il genio e comprenderne invece l’innegabile influenza avuta sul genere negl’anni  venire.

Il disco si apre su un’esplosione a base di death e black d’altissimo livello. Le parti sono mescolate con una sapienza sconvolgente, il lavoro di doppia cassa e quello della voce scatenata di Hilbert si fondono e confondono con le linee melodiche di chitarra. "Starchild" e "Remote control" mettono a dura prova con soluzione ritmiche disorientanti. Le linee di chitarra continuano ad essere serrate quanto melodiche, ma il vero mal di mare proviene dalle pelli di Krebs. Con "Breeder" i quattro rallentano un po’ il tiro per dare spazio ad un incedere se possibile ancora più sofferto e malato. "Afterglow", "Rose" e "Tomb" mettono in fila alcune delle costruzioni armoniche più riuscite del disco. La melodia c’è, costante e pregnante, ma bisogna fare uno sforzo non comune per goderne senza esserne sopraffatti. Siamo all’ultimo terzo dell’opera e non si è mai stati tanto felici di dover ricorrere ad un travelgum per l’ascolto di un cd!

Ci si aspetterebbe a questo punto di aver ormai raccolto i frutti che questo "Dreamweaver" ha da offrire, ma il meglio deve ancora arrivare. La vena prog si fa strada attraverso "The Tower" creando suggestioni sempre più vivide. La melodia dilaga come un’infiltrazione tra le strette trame di basso e batteria. Il risultato appare ai limiti del sinfonico. La vera sinfonia ci aspetta però al termine di un cd memorabile. La title-track introduce un complesso lavoro strumentale fatto di chitarre e tastiera. Una trama barocca di sensazioni ariose ma sofferte. "Le Sacre Du Printemps" riparte dall’opera di Stravinskij e mette in scena quella che nell’edizione originale del full length era una hidden track. I Golem mostrano tutta la loro padronanza tecnica, ma soprattutto la straordinaria dote di saper mescolare la musica più estrema a linee melodiche classiche. Il pezzo di chiusura riassume in sé anche lo spirito e le tematiche che pervadono tutto "Dreamweaver". Tradotta il più delle volte erroneamente come la sagra di primavera, l’opera del compositore russo descriveva invece un rituale sacrificale pagano, nel quale una vergine avrebbe dovuto danzare fino alla morte per ingraziarsi il favore degl’idei.

Una bonus track e una traccia video contenete il videoclip del pezzo "Faces", completano un pacchetto di tutto rispetto. Il piatto è di quelli da incubi per la digestione, ma se avete stomaci abbastanza forti è una ricetta che non potete in alcun modo farvi sfuggire!



01.Al-Ghanor
02.Starchild
03.Remote Control
04.Breeder
05.Afterglow
06.Rose
07.Tomb
08.Diaspora
09.Faces
10.The Tower
11.Dreamweaver
12.Le Sacre Du Printemps

Bonus Tracks:

13.Mental Force
14.Faces (videoclip)

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