Jon Oliva's Pain
Festival

2010, AFM Records
Heavy Metal

E' tornato senza passi falsi l'amato Mountain King.
Recensione di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 19/02/10

Avevamo lasciato il buon Jon Oliva ed i suoi Jon Oliva's Pain con "Global Warning" nel 2009, un capitolo decisamente interessante e convincente da parte loro. Dopo solo due anni, l'instancabile band americana propone il nuovo "Festival", un album dalle atmosfere più cupe e sinistre che mai. Ci si accorge del cambiamento soprattutto dando un'occhiata alla copertina: uno scheletro apre i cancelli ad un gruppo di persone per farle entrare in un parco divertimenti dall'aria tutt'altro che allegra.


Trovo piuttosto inutile e fuori luogo dilungarsi per l'ennesima volta sul fatto che i Jon Oliva's Pain siano i discendenti dei Savatage e che quindi il sound ricordi inevitabilmente la defunta band, sia nel suo periodo più heavy che in quello più sinfonico, da musical americano. Detto ciò, soffermandosi sulle sonorità di "Festival", non si può negare che queste abbiano acquisito più pesantezza rispetto ai dischi precedenti, e che in qualche misura esse ricordino l'oscurità di "Sirens" ed i Savatage più pesanti e diretti.


Alle canzoni non manca di certo lo spessore, offerto dai numerosi inserti sinfonici e teatrali, espediente attraverso il quale il mastermind riprende di fatto la scelta stilistica intrapresa già molto tempo prima della nascita di questa band. A tutto questo si aggiungono l'espressività e la grinta inesauribile ed inconfondibile di Jon Oliva, che, dopo tutti questi anni di onorata carriera, riesce ancora a stupire ed a superare i limiti che aveva posto negli album precedenti, alternandosi tra urla caratteristiche e melodia ed armonia allo stato puro.


Tutti coloro che sentono il desiderio di immergersi nei brani più heavy metal, in "Lies", "Living On The Edge", "The Evil Within" troveranno sicuramente quello che cercano. Quest'ultima canzone, in particolare, presenta un ottimo finale, lasciato solo all'espressività degli strumenti ed alla creatività dei musicisti. Per chi invece è sempre rimasto affascinato dal lato più delicato della band, nonché dalla voce magica e carezzevole di Oliva, un ascolto a "Winter Haven", ballata potente e molto invernale, è assolutamente d'obbligo. Sulla stessa onda si presenta la struggente e celestiale "Now", che va a chiudere l'album, avvolgendo l'ascoltatore in una melodia veramente commovente. Un altro aspetto interessante è proprio la potenza delle ballate, che contribuisce senz'altro a rendere l'album più massiccio, meno dispersivo ed in un certo senso meno melenso. Una splendida combinazione tra chitarre acustiche, arpeggi dal sapore folk e improvvisazioni jazz e heavy metal, è "Afterglow", brano molto interessante e più sperimentale, nonché ben riuscito. "Looking For Nothing" è un piacevole ed etereo intermezzo per lo più strumentale, che sembra essere azzeccato per momenti più meditativi e riflessivi.


"Festival" costituisce un ulteriore passo avanti nella carriera degli americani; oltretutto, in quest'album si può notare come, con qualche canzone in meno (infatti sono "solo" dieci, considerate le tredici del lavoro precedente), sia notevolmente diminuito il rischio di avere troppi momenti morti nell'album. Questo aspetto, seppur marginale rispetto agli altri, è comunque indice della volontà di regalare musica di qualità agli ascoltatori, in un'epoca dove i mezzi di comunicazione permettono a chiunque di diffondere il proprio prodotto e spacciarlo per "musica". Per chi cerca emozione e qualità allo stesso tempo, "Festival" dei Jon Oliva's Pain è una garanzia ed una certezza.





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