Bob Dylan
The Times They Are A-Changin'

1963, Columbia
Folk

Recensione di Giovanni Capponcelli - Pubblicata in data: 24/03/10

Dopo un esordio sincero ma ancora un po’ acerbo e un secondo album di straordinario valore, Bob Dylan si erge sul pulito che fu di Padre Mapple in Moby Dick: da lassù si affida alla sua fervida ispirazione biblica per esplorare ogni possibile variante della “canzone politica”. Tralasciando la carica sentimentale della pasionaria collega Joan Baez in favore di un rigore ghiacciato dai toni costantemente in chiaro-scuro, Dylan costruisce la sua ragnatela di riferimenti tra società, peccati capitali e strafottenza del potere. Dai suoi versi traspare ora la fredda cronaca delle colonne di un quotidiano, ora la facile metafora da omelia d’altri tempi. “The Times They Are A-Changin'” è un corpus rigoroso, seppure piuttosto monocromo, che vive sul costante dissociarsi, sulla contrapposizione cercata, voluta e trovata; basato sull’insistito moralismo, sulla denuncia a oltranza che a volte sfocia perfino nella patetica cronaca minuta di vite dimenticate, non sempre indimenticabili. Non mancano comunque canzoni immortali; la “titletrack” innanzi tutto, combattivo “Discorso della Montagna” in favore del cambiamento (“For the loser now will be later to win”) sostenuta da un canto declamato e ispirato:

"And admit that the waters
Around you have grown
And accept it that soon
You'll be drenched to the bone.
If your time to you
Is worth savin'
Then you better start swimmin'
Or you'll sink like a stone
"

("E ammettete che le acque
attorno a voi si sono innalzate
ed accettate che presto
sarete inzuppati fino all'osso.
E se per voi il vostro tempo
Ha qualche valore
Allora fareste meglio ad incominciare a nuotare
o affonderete come pietre")

Versi che evocano paesaggi e presagi da Antico Testamento, con l’autore nei panni ideali di un Noè che s’innalza sulla corruzione e sui peccati dell’America che ha appena visto Kennedy assassinato. Lo stesso tema è ribadito con uguale foga da “When The Ship Comes In”, con le sue immagini veramente “mellvilliane” di venti e tempeste e l’uso insistito dei verbi al futuro che conferiscono a questa frizzante ballata un’aura profetica:

"Oh the time will come up
When the winds will stop
And the breeze will cease to be a'breathin'
Like the stillness in the wind
Before the hurricane begins
The hour when the ship comes in
"

("Verrà un tempo
in cui i venti si fermeranno
E la brezza cesserà di spirare
Come la quiete nel vento
prima dell’inizio dell’uragano
l'ora in cui la nave arriverà in porto")

I progressi compiuti da Dylan nella ricerca di una personale forma di blues sono evidenti in “Ballad Of Hollis Brown”: teso e tetro resoconto in 12 battute di una vita sventurata, che trova un felice equilibrio tra riffing quasi rock e le solite immagini da Pentateuco, ancora più drastiche nella prima versione del brano datata 1962 (dai “Witmark Demos”, incisioni pubblicate a più riprese come live “semi-ufficiali”), in cui oltre ai ratti comparivano pure cimici e pulci.

"The rats have got your flour,
bad blood it got your mare [… ]
Your grass is turnin’ black
and there’s no water in your well
"

("I topi hanno mangiato la tua farina
Cattivo sangue ha fatto la tua puledra
La tua erba sta diventando nera
E non c'è acqua nel tuo pozzo")

La canzone vanta una deflagrante cover hard rock dei Nazareth (su “Loud n’Proud”, 1974).
“With God On Our Side” è il cuore del alto A: 7 minuti di enfatico inno contro la guerra e soprattutto contro le sue giustificazioni; se la melodia è ripresa da "The Patriot Game” di Dominic Behan, le immagini del testo sono a tratti potenti e vivide, mentre il messaggio, pur sotto una certa coltre di moralismo da oratorio, è di certo attuale.

"But now we have weapons of chemical dust
And if fire them we're forced to, why then fire them we must
One push of the button and a shot the worldwide
And you never ask questions when God's on your side
"

("Ma adesso abbiamo armi di polvere chimica
e se saremo costretti ad usarle, allora noi dovremo usarle
qualcuno premerà il bottone e salterà il mondo intero
e tu non devi fare domande quando Dio è dalla tua parte")

Dylan è una specie di padre pellegrino del folk, un nuovo pioniere della musica con coscienza, pensata per essere testimonianza, incisa per istruire e per educare: finalità che a volte prendono in toto il posto della pura arte melodica e musicale. La chitarra è sempre elementare e impeccabile, l’armonica sempre efficace. La voce di Dylan è orami giunta a maturazione, facendo dei suoi difetti altrettanti pregi per costruirsi uno strumento personale e inconfondibile: l’emissione nasale, la cadenza ora ironica ora quasi vendicativa e le soffici stonature calanti nel registro acuto sono forse il tratto più distintivo del cantautore. L’accigliata foto di copertina è l’illustrazione precisa del tono generale dell’album; l’indice dell’autore è sempre puntato contro l’ingiustizia e la prevaricazione come le piaghe cruciali del suo tempo; eppure lo sguardo ha a volte la fastidiosa tendenza di scendere dall’alto al basso, sottolineando un implicito senso di purezza e superiorità un po’ indigesto. Dimenticato quasi del tutto il lato ora ironico ora romantico di “Bob Dylan's Dream” o “Girl From the North Country” (su “Freewheelin' Bob Dylan”), l’album prosegue di racconto in racconto, quasi di parabola in parabola, al servizio della visione del mondo dell’Autore: moralizzatrice, cristiana (a modo suo), a tratti manichea, almeno nella costante contrapposizione semantica “noi-loro”, “nostro-loro” (I-they, our-their).

“North Country Blues” e “The Lonesome Death Of Hattie Carroll” sono crudi reportages sul mondo del lavoro e su fatti di cronaca nera che spesso precipitano in un didascalico gretto descrittivismo. Le uniche tenui concessioni al romanticismo sono “One Too Many Mornings”, una parafrasi melodica della titletrack, e soprattutto “Boots Of Spanish Leather”, delicata e sognante ballata attraverso i Sette Mari. Di nuovo in questa canzone è “l’acqua” un elemento centrale; acqua che finisce per essere un leit-motiv nascosto di tutto l’album; acqua che si innalza (come in “The Times They Are a-Changin'”), che manca (come in “Ballad Of Hollis Brown”), l’acqua della marea (“When The Ship Comes In”) e quella degli oceani (proprio in “Boots Of Spanish Leather”). L’album fu un buon successo tanto in USA quanto in Europa (Italia compresa); in Inghilterra il singolo della titletrack, pubblicato solo l’anno seguente, centrò la top ten.

“The Times They Are a-Changin'” è l’apice del Dylan immacolato folk singer e “cronista sociale”, un punto d’arrivo per tutta la “protest song” americana. Si porta appresso il profumo, il pacifico frastuono della “Marcia su Washington” e del movimento per i Diritti Civili. E’ un album che vale più come “monito” o colonna sonora di sit-in e occupazioni che come prodotto musicale. In quest’ambito, solo stemperando la protesta nel simbolismo metafisico e rinvigorendo la rigida coerenza acustica con un rock elettrico e multiforme, Dylan arriverà ai capolavori definitivi.




01. The Times They Are A-Changin'     
02. Ballad of Hollis Brown     
03. With God on Our Side     
04. One Too Many Mornings     
05. North Country Blues     
06. Only a Pawn in Their
07. Boots of Spanish Leather     
08. When the Ship Comes In     
09. The Lonesome Death of Hattie Carroll     
10. Restless Farewell

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