Pearl Jam
Backspacer

2009, Universal
Rock

Il trascorrere inesorabile degli anni non è necessariamente sinonimo di stanchezza...
Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 25/03/10

Il trascorrere inesorabile degli anni non è necessariamente sinonimo di stanchezza, mancanza di energia e perdita dell'inventiva d'un tempo. Capita, ma non sempre è così.  Il fluire del tempo implica anche, soprattutto maturazione, cosa ben diversa rispetto al mero invecchiamento. “Maturare” significa esser consci delle proprie capacità attuali, di certo differenti da quelle di un tempo, sfruttarle per continuare il percorso intrapreso anni addietro, quando ancora lo “spirito adolescenziale” imperversava.


I Pearl Jam di oggi son “ragazzi” che hanno superato la soglia dei 40, un po’ disillusi, consapevoli tuttavia di non avere ancora esaurito la vena creativa e di aver ancora molto da dire. Non sono  energici come ai tempi di “Ten” naturalmente, ma questo fortunatamente non corrisponde ad un calo d’intensità nei loro lavori più recenti, tutt’altro. Eddie Vedder e soci stanno affrontando il processo di maturazione ormai in atto da tempo in maniera egregia, equilibrando gli ultimi lavori attraverso pezzi veloci, d’indubbio impatto, con ottime ballad e canzoni di maggior respiro. “Backspacer” è la conferma di tutto questo discorso.


L’apertura del disco è di grande spessore, con le prime quattro esecuzioni veloci ed energiche, che non lasciano molti momenti per respirare e che senza troppi problemi rimangono impresse nella memoria dell’ascoltatore: un’ottima prova di gruppo, in cui ogni membro è impegnato a dare il massimo pur non sovrastando in maniera caotica i compagni. Il primo break è costituito dall’inaspettato momento acustico della dolce “Just Breathe”, ballata dal sapore e dai toni tipici del Vedder solista. Si fa attendere per un paio di canzoni (le pacate ed ammalianti “Amongst The Waves” e “Unthought Known”, quest’ultima caratterizzata da vaghi richiami di un classico dei Pearl Jam, “Wishlist”) il ritorno all’energia e alla velocità con “Supersonic”, ma è solo un buon fuoco di paglia; si torna subito in atmosfere più intime e rarefatte con “Speed Of Sound”, seguita da un’ottima “Force Of Nature” (riuscita sintesi della energia e della pacatezza insite nella band).


“The End” conclude il corso dell’album “in direzione ostinata e contraria”, per usare una dotta citazione, rispetto alla sua apertura. Il brano in questione è una breve, struggente, delicata e poetica composizione acustica, che giunge inaspettatamente. Il brano termina di netto, altrettanto inaspettatamente, lasciando interdetto l'ascoltatore, il quale credeva in una continuazione che invece non è arrivata. Eppure non ne rimane insoddisfatto, ma pieno di commozione. Dopotutto è giusto che il disco termini in tal maniera.


I Pearl Jam sono una band ormai storica, Eddie Vedder sa di non essere più il ragazzino degli anni Novanta e non a torto non vuole tentare minimamente di tornare ad esserlo: “Backspacer” è il riflesso artistico di questa maturazione personale in costante evoluzione. Questa non può che essere una nota positiva nella carriera dei Nostri.





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