Veins Iced Over
The Awakening

2009, Autoproduzione
Thrash

Recensione di Marco Somma - Pubblicata in data: 05/04/10

Come definire i Veins Iced Over? Thrash, NWOBHM? Metal-core forse? Francamente, all’ennesimo ascolto ogni speranza di riuscire ad inquadrarli è andata a farsi friggere. Non perché i nostri siano una di quelle band che reinventano completamente il genere, quanto perché nei Veins Iced Over le suddette scuole di metal si fondono al punto tale da non riuscire più a trovare una vera linea di confine. La linee strumentali sono da Bayside Area della seconda era, quelle vocali da primo heavy metal, mentre i suoni scelti strizzano l’occhio al metalcore delle origini. Tutto questo per avvisarvi che il genere attribuito a questo “The Awakening” è in tutto e per tutto una scelta di comodo e che questo è di gran lunga il pregio maggiore del primo LP della band.

L’impressione, ascoltando il disco fin dalle prime battute, non è certo quella di essere di fronte ad un’opera prima. Certo, il lavoro non brilla quasi mai di fulgida originalità, ma è talmente “ricco” di pathos, decisione e precisione nell’esecuzione, che difficilmente si può rimanere freddi di fronte a tanto sfoggio. La titletrack che fa da apertura è soltanto un intro che, a dirla tutta, ha poco da spartire con il resto del disco. Pomposa e trascinata, si dimentica subito. Al contrario, con “Unholy” il full-lenght parte in quarta: basso e batteria frantumano ogni remora lasciando alle chitarre solo lo spazio necessario a fare da coro melodico ad un ritornello scuro e sofferto. “Holy Water” esagera un po’ con le distorsioni e non trova il giusto spazio dopo l’efficacissima traccia precedente. “Save Me” è un pezzo alla Judas Priest, con tanto di accelerate di chitarra distorta alternate alle dinamiche di batteria che rendono il pezzo decisamente orecchiabile ma forse poco longevo nella top del cd. Con “Vision Of Death” le composizioni cominciano purtroppo a mostrare il fianco ad una certa ripetitività; la soluzione di ritornello rallentato può essere un buon marchio di fabbrica, ma potrebbe anche rivelarsi una trappola in sede di composizione. Detto questo, presa singolarmente “Vision Of Death” resta finora la traccia meglio risuscita.

“Purgatory”, “Lost Souls” e “Legion” proseguono perfettamente il discorso intrapreso fino a qui con una piccola eccezione per quest’ultima, che richiama forse più certi Iced Earth che i precursori del genere, forse anche per il tema del pezzo. “Lantern” porta tutto quanto abbiamo sentito fin qui su un piano ancora più estremo, non c’è da escludere che questo sia il pezzo che maggiormente rispecchierà le future produzioni della band; di certo è quello più personale. “Revenge” rivela per la prima volta in modo scoperto l’ennesima influenza dei Veins Iced Over, finora rimasta un po’ celata. Il pezzo sa di King Diamond, tanto nel lavoro delle chitarre quanto in quello del vocalist, che per l’occasione si fa voce narrante, dura e tagliente come l’occasione richiede. “Metal Fockers” è uno scherzo, o, per meglio dire, deve esserlo perché ne ha tutte le caratteristiche! Una spiritosaggine sulla quale si può scegliere se pogare o darsi a delle grasse risate.

Le tracce scorrono una dopo l’altra con una rapidità e una fluidità che ha ben pochi precedenti. Chi è abituato a soluzioni sonore più morbide potrà trovare l'ascolto di “The Awakening” un po' troppo impegnativo. Ma se le vostre orecchie vengono tenute in forma in palestre chiamate Testament, Black Label Society o – perché no – Exodus ultima maniera, troverete in questi solchi di musica momenti di vero spasso!



01. The Awakening
02. Unholy
03. Holy Water
04. Save Me
05. Visions of Death
06. Purgatory
07. Lost Souls
08. Legion
09. Lantern
10. Revenge
11. Metal Fockers

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