Axel Rudi Pell
Knights Call

2018, SPV / Steamhammer
Heavy Metal

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 16/03/18

La recensione di un disco come "Knights Call" potrebbe essere pronta in cinque minuti, per quanto paragonarlo al junkie food sarebbe una totale ed eccessiva mancanza di rispetto. Al pari di DoroAcceptUdo, Axel Rudi Pell appartiene a quella schiera di artisti icone tedeschi da sempre immutabili e uguali a sé stessi. Facce, sonorità, situazioni sono ormai le stesse da tempo. Per mettere un piede in questo mondo è sufficiente varcare il confine che delimita l'Italia dalla Svizzera. Entrare nella porta d'Europa è un po' come tornare indietro nel tempo, restare sospesi. Con queste premesse, non dovete stupirvi se andremo dritti al punto con "Knights Call",  perché tutto in questo contesto è immutabile, anche nella musica di Axel Rudi Pell che, dall'alto delle sue cinquantasette primavere, sovrapposte a trentacinque anni di carriera e una ventina di dischi in studio, probabilmente non perde più il sonno preoccupandosi delle reazioni della critica.
 
Il chitarrista di Bochum è un uomo appagato, felice di continuare a fare quello che più lo diverte e nella maniera che preferisce. Basta ascoltare le parole del diretto interessato, che non sembra intenzionato a fare passi indietro né ad avere tentennamenti. E allora giù il cappello per l'ennesima prova di una integrità ormai confinata a un manipolo di artisti sempre più di nicchia come quelli che abbiamo citato all'inizio dell'articolo. La recensione di "Knights Call" potrebbe concludersi qui, dopotutto gli ingredienti sono quelli di sempre e ci sono tutti: la intro, palesemente midi e più brutta del solito, gli anthem da metallaro medio, le tracce epiche di ampio respiro (ben tre, ma poteva essere anche una), le citazioni di Rainbow e Deep Purple ai limiti del parossismo (come la rullata di "Black Night" ad aprire "The Wildest Dreams") e persino quelle di sé stesso. Ma c'è anche un filo di ispirazione in meno, gli anni dopotutto passano  e ostinandosi a lasciare fuori dai confini ogni tentativo di influenza esterna non ci vuole molto a ripetersi. Insomma, come sempre in questi casi la recensione è già scritta.
 
Con queste premesse, dirà qualcuno, c'era davvero bisogno di recensire la nuova fatica di Axel Rudi? La risposta non può che essere affermativa, anche noi dopotutto dobbiamo tenerci in allenamento. "Knights Call" per noi è un buon pretesto per esercitarsi a scrivere e per far fischiare le orecchie a RItchie Blackmore, mentre al chitarrista tedesco  servirà per andare ancora in tour nei soliti posti. Così è, prendere o lasciare. 




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