Saxon
Battering Ram

2015, SPV
Heavy Metal

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 19/11/15

E’ sempre più difficile stupirsi davanti a una nuova uscita dei Saxon, ma una cosa è certa, la regolarità con la quale il combo britannico esce sul mercato la fa assomigliare più a una catena di montaggio che a una rock band, considerato che gli elementi di novità si contano ormai sulle dita di una mano, quando va bene. La recensione è come si dice in questi casi un atto dovuto, e dopotutto non serve uno scienziato a capire quanto poco interesseranno a Byff  le vendite o il responso della critica. La risposta ve la diamo noi: meno di zero, perché la propria partita il quintetto dello Yorkshire l’ha già vinta da tempo, il nome è già storia, i brani indimenticabili già scritti, si tratta solo di dare qualche colpo di rifinitura a un brand che si è ritagliato magari un po’ a fatica un posto nell’Olimpo dei grandi. Che possa piacere o meno, la svolta intrapresa dai Saxon sul finire degli anni ’90 ha comunque raggiunto l’obbiettivo di mantenere la band al passo coi tempi senza farle perdere di vista le proprie origini. Ma il tempo passa inesorabile per tutti, e tanto più il catalogo si allunga, tanto più i dischi si accavallano pericolosamente l’uno sull’altro, trascinati dalla mediocrità di un sound pericolosamente standardizzato. Senza curarsi troppo delle critiche, i Saxon rientrano nel loop che hacaratterizzato gli ultimi quindici anni di carriera, pubblicando un altro disco con poca tecnica ma tanto cuore e mestiere. Prova che riprova, finisce che la ciambella esce con il buco.

Era dai tempi di “Unleash The Beast” che non ci esaltavamo tanto per un lavoro del quintetto capitanato da Byff. Con “Battering Ram” i Saxon fanno sul serio, a giudicare dalle prime battute. Erano anni che non sentivamo dai Saxon un brano ispirato come al title track, un’impressione peraltro consolidata dalla successiva “The Devil’s Footprint” e da una “Destroyer” che potrebbe persino suonare familiare ai Motorhead. Tonalità pesantemente in drop e armonizzazioni ben in evidenza sono il risultato considerevole dell’operato di Andy Sneap in console, anche se resta incomprensibile Il pasticcio del mixaggio di “Top Of The World” rovinosamente bissato nel finale con “Kingdom Of The Cross”. E’ apprezzabile vedere che quando una band decide di pestare, lo  fa davvero. Passata però l’onda d’urto iniziale il disco si adagia come da pronostico attorno a un’assoluta normalità.
 
L’assalto all’arma bianca dura una manciata di brani, giusto il tempo di giocarsi le idee migliori per lasciare spazio a brani privi di mordente che sembrano presi in prestito dalle sessions degli ultimi Running Wild. Pazienza, non si può neppure mettere in croce chi tanto ha dato alla causa e non ha nulla da dover dimostrare. Forse una recensione inutile, perchè tanto i Saxon restano i Saxon, a prescindere dal disco in uscita. Questo lo sa bene Byff  e in fondo lo sanno pure i fans.





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