Brian May
Back To The Light

1992, Parlophone
Rock

"Little baby sweetly sleep / Do not stir / We will bring a coat of fur / We will rock you, rock you, rock you."
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 05/12/15

C’è un tempo per ogni cosa nella vita, lo diceva persino Fratello Tobia nell’indimenticabile “Lo chiamavano Trinità”. C’è un tempo per esorcizzare il dolore e rinascere, lo sapeva bene questo Brian May mentre il dramma di Freddie Mercury si consumava sotto i suoi occhi.“Back To The Light” uscì nell’autunno del ‘92 un po’ a sorpresa, con i riflettori di Wembley e del Tribute all’istrionico singer ancora caldi e il marchio Queen che garantiva vendite milionarie in tutto il mondo, sospinte verso l’alto dalla scomparsa di quella autentica leggenda vivente. Lo sguardo basso di un maestro di timidezza, ma anche di chi ha sofferto, Mr. Brian May, dottore in astronomia e campione di riservatezza, ci mette la faccia e i sentimenti: la copertina e i titoli delle tracce bastano a comprendere che lo stato d’animo dell'artista è quello di chi cerca una via d’uscita, uno spiraglio di luce. Questa l’esegesi del ritorno alla vita del chitarrista e del suo primo vero disco solista.

 

Qualsiasi digressione su questo lavoro non può prescindere dai due brani pilastro dell’opera: “Resurrection” continua a infiammare le viscere dei rockers di ogni grado e latitudine, un capolavoro di sei minuti introdotto da una vigorosa rullata di Cozy Powell e che racchiude tutto il campionario dell’estetica rock: cori drammatici, riff ritmi vorticosi e incalzanti, una melodia portante che trascina all’istante. Un gioiello dopo quasi un quarto di secolo tira ancora giù i muri e che può persino permettersi di non avere un vero chorus, che tanto basta la strofa. Ascoltare per credere. L’altro è “Too Much Love Will Kill You”, brano conosciutissimo e apprezzato dai tanti fans dei Queen, che spezza il ritmo vigoroso dei primi brani: è introdotto da un coro in cui è facile scorgere la voce del compianto leader dei Queen, e l’effetto immediato è quello di un nodo in gola. Scritta dal chitarrista (ma per anni erroneamente attribuita a Freddie), è una ballata in cui May mette a nudo i propri sentimenti di persona ferita, che si interroga e forse scopre il vero significato dell’amore. La versione qui presente stacca di gran lunga in termini emotivi la successiva versione pubblicata su “Made In Heaven”, anche se cantata da Freddie Mercury, grazie a un arrangiamento più sofisticato di archi e tastiere.

 

In mezzo a questi due pilastri a farla da padrone è la poliedricità che ha caratterizzato tutta la carriera dei Queen e che Brian May porta con sé come una preziosa eredità. La potente title track, esaltata da un coro gospel (uno stile che affiora di tanto in tanto, nella discografia della Regina…) e da accordi vibranti, è l’introduzione alla nuova vita del chitarrista; è un disco su cui aleggia lo spettro dei Queen, da quei primi versi che citano “We Will Rock You” fino alle sessions dei Rondhouse Studios, ma non è semplice autocelebrazione. Corposi e scanzonati rock n’roll conferiscono solidità all’opera, citiamo “Love Token”, “I’m Scared” e “Rollin’ Over”, ma non mancano i momenti introspettivi: il blues di “Nothin' But Blue” sarebbe piaciuto senz’altro al Gary Moore fresco di svolta mentre “Last Horizon” è un evocativo strumentale che non ti aspetteresti di vedere uscire dalla penna del chitarrista coi boccoli. Il suo amore per la chitarra folk non è mai stato un mistero e dopo capolavori come “ ’39” e “Love Of My Life” e “Is This The World We Created…?” tocca alla gioiosa “Let Your Heart Rule Your Head” rafforzare il sodalizio. “Back To The Light” è un disco che profuma di Queen dall’inizio alla fine e che non sarebbe stato fuori luogo come ipotetico successore di “Innuendo”: forse per questo che il disco è stato via via dimenticato col passare degli anni, nonostante il grande successo che riscosse all’epoca (“Driven By You”, singolo apripista, fu utilizzato per un popolarissimo spot televisivo di una casa automobilistica).

 

E’ un’opera di cui il chitarrista rimane orgoglioso ancora oggi, pur rimanendo un episodio isolato della sua carriera, sempre più concentrata da quel momento sulla celebrazione del mito dei Queen. Alcuni anni dopo May ci riproverà pubblicando lo scialbo “Another World” e il flop commerciale che ne seguì non rappresentò certo un invito a proseguire. Ma “Back To The Light” no, è tutta un’altra storia.





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