Brujeria
Pocho Aztlan

2016, Nuclear Blast
Death Metal/Grindcore

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 08/10/16

Chi ricorda ancora i Brujeria? Dai tempi di "Brujerizmo" (2000) son passati ben sedici anni. Quasi una vita intera, visti gli sconvolgimenti accaduti nel panorama mondiale in questi ultimi cinque lustri. Un periodo ancor più lungo se guardiamo l’aspettativa di vita all’interno di un cartello della droga messicano. Nonostante le difficoltà occupazionali, i nostri signori della droga preferiti sono finalmente tornati, con un nuovo contratto – solidamente nella mani della Nuclear Blast – ed un nuovo full length.

"Pocho Aztlan" è il tentativo del collettivo fuorilegge di mediare tra le origini della band – "Matando Güeros" del 1993, fermamente legato al death metal ed al grindcore – e le ultime realizzazioni – il già citato "Brujerizmo" che invece era più orientato al groove metal. Il risultato non è perfettamente riuscito, altalenando troppo tra le due anime della band. A rendere comunque "Pocho Aztlan" un buon album ci pensa la scrittura ispirata di Brujo e soci. Le due nuove aggiunte Jeffrey Walker/El Cynico (Carcass) e Nicholas Barker/Hongo Jr. (ex Cradle Of Filth, ex Dimmu Borgir) interagiscono ottimamente con le colonne storiche Shane Embury/Hongo (Napalm Death) e Pat Hoed/Fantasma, facendo così rimpiangere quasi per nulla la partenza di Dino Cazares/Asesino (Fear Factory), Billy Gould/Güero Sin Fe (Faith No More), Jello Biafra/Pito Wilson (Ex Dead Kennedys) e tutti gli altri narcotrafficanti. La vena ironico/comica tipica dei testi della band si mantiene inalterata, affiancandosi alle solite storie di droga (‘Plato O Plomo’) e di rifiuto della religione fino al satanismo spinto (‘Satongo’). Da questo punto di vista i Brujeria si trovano in un limbo di perpetua stasi, dove i loro personaggi vivono in un continuo presente, dove la crescita è nulla. Questa estremizzazione dei personaggi dei narcotrafficanti sta iniziando a giocare un po’ contro la band, trasformando la satira verso il mondo dei cartelli della droga messicani in una auto barzelletta, limitando pesantemente l’acquisizione di nuovi fan che finiscono per stancarsi velocemente di tutti questi orpelli extra.

La musica aiuta in parte a mantenere i Brujeria a galla, anche se è più pensata per i fan di vecchia/media data che per i nuovi acquisti. I tempi di "Brujerizmo", sebbene non dimenticati – ‘Satongo’ e ‘Culpan La Mujer’ ne sono la prova -, sono però un po’ accantonati per fare spazio a brani meno rozzi, meglio studiati e con una produzione all’altezza – unica mosca bianca il brano ‘Debilador’, totalmente old school come approccio musicale e come produzione. Che si guardi ai Soulfly con ‘Profecia Del Anticristo’ o ai Fear Factory con ‘Angel De La Frontera’, la direzione è ben chiara. A chiusura i nostri narcotrafficanti ci deliziano con una cover di ‘California Über Alles’ dei Dead kennedys, per l’occasione rinominata ‘California Über Aztlan’. A parte il divertente testo, come sempre ironico e ben poco serio, il brano non brilla per qualità, non riuscendo a mettere in mostra quella personalità esuberante e ben definita che caratterizza la band. Un semplice omaggio, ma nulla di più.

I Brujeria ricorrono ad una formula ormai ben collaudata e, seppur non innovando, riescono a mettere insieme un album valido, compatto e violento. Questa formula non potrà andare avanti all’infinito, già ora dimostra alcuni problemi, ma per adesso "Pocho Aztlan" riesce ancora a divertire e a colpire l’ascoltatore come un treno in corsa.



01. Pocho Aztlan
02. No Aceptan Imitaciones
03. Profecia Del Anticristo
04. Angel De La Frontera
05. Plato O Plomo
06. Satongo
07. Isla De La Fantasia
08. Bruja
09. Mexico Campeon
10. Codigos
11. Culpan La Mujer
12. Debilador
13. California Über Aztlan (Dead Kennedys Cover)

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