Queensryche
Condition Human

2015, Century Media
Heavy Metal

Una cosa è certa: la strada intrapresa dai nuovi Queensryche è quella giusta.
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 02/10/15

Una storia gloriosa destinata a concludersi nel peggiore dei modi: questi erano i Queensryche fino a due anni e mezzo fa, quando il nome della band è tornato all'improvviso d'attualità. Il nuovo corso con Todd La Torre dietro al microfono aveva generato grandi aspettative, suffragate dagli ottimi risultati raggiunti col disco omonimo. I due anni successivi hanno visto  la band impegnata come non mai sui palchi grandi e piccoli di mezzo mondo, dal Colony al Wacken, desiderosa di capitalizzare le promettenti premesse di questa rinascita. Potremmo disquisire all'infinito se l'innesto di Todd LaTorre abbia trasformato una delle più grandi metal band di sempre in una cover band di se stessa o una in una sua legittima reincarnazione ma una cosa è certa, Michael Wilton, Eddie Jackson e Scott Rockenfield rappresentano quella maggioranza silenziosa che ha contribuito a forgiare lo stile che li ha resi famosi non meno della voce inconfondibile di Tate e del talento di DeGarmo, e avevano tutto il diritto di dire la loro a riguardo.
 
Col senno di poi non possiamo fare altro che ringraziarli: "Condition Human" rispetta ampiamente i pronostici e ci regala una band in splendida forma che senza avere la pretesa di competere con il passato, si pone perfettamente in continuità con esso, consentendo ai tre reduci di staccare l'ex compagno Geoff Tate, ormai allo sbando con il suo progetto Mindcrime. Oltre ad essere più robusto ed elaborato del precedessore, "Conditon Human" vanta una quantità innumerevole di spunti interessanti, che si traducono in un numero di ascolti necessari più alto del solito. Non siamo davanti a una svolta verso un sound più complesso, la linearità del disco precedente lascia spazio ad elementi in un certo senso post Mindcrime, tanto lontani dalle atmosfere gelide di "Rage For Order" quanto dall'eleganza di "Empire". Suggestioni di matrice US power, vaghi inserti progressive (ben presenti in "Eye9"), atmosfere malinconiche tanto care al combo di Seattle e in generale un sound maggiormente dilatato rispetto al passato, più nella sostanza che nella forma (i brani sono tutti di durata canonica). Indicare "Hellfire" come brano più rappresentativo sarebbe come fare un torto al resto di un disco che può vantare varietà e qualità da fare invidia. 
 
Cosa manca a "Condition Human" per insidiare da vicino i dischi del passato? Quando la qualità è così ben spalmata la mancanza di un brano di punta alla "Best I Can" o "Eyes Of a Stranger" diventa quasi fisiologica. Certo "Arrow Of Time", "Hellfire", "Selfish Lives", "Bulletproof" e l'onirica title track ci mostrano una band ancora con tanti colpi in canna, e non ci vuole molto a immaginare che anche questi pezzi faranno la loro porca figura dal vivo. Se chiudete gli occhi, non sarà difficile immaginarsi ancora Geoff Tate dietro il microfono: la somiglianza fra le due voci è impressionante, potrà dare fastidio a qualcuno, ma è un'ulteriore prova di versatilità da parte di Todd La Torre, l'unico singer al mondo capace di clonare contemporaneamente due ugole del calibro di Midnight e Tate. Adoratori del metallo pensante, se eravate in cerca di conferme, "Condition Human" è la risposta.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool