Darktribe
The Modern Age

2015, Scarlet Records
Melodic Power Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 24/07/15

A distanza di tre anni dal loro album d’esordio (“Mysticeti Victoria”) i francesi Darktribe, freschi freschi di nuovo contratto con la nostrana Scarlet Records, danno alle stampe il loro secondo lavoro, “The Modern Age”. Meno happy metal rispetto al passato, una spruzzata di prog, in ogni caso la band transalpina prosegue il discorso di power metal melodico che già aveva iniziato sull’album precedente.

Sotto l’aspetto tecnico la band non ha nulla da invidiare a colleghi europei più blasonati. Il cantante Anthony Agnello ha una voce estremamente melodica, potente e capace di raggiungere quelle altezze di tono che sono richieste da contratto a chi canta nel genere in esame; Bruno Caprani e Julien Agnello (rispettivamente bassista e batterista) riescono a dare compattezza e direzione alle singole composizioni musicali, anche se il secondo, pur non perdendo in qualità, si segnala per un’esecuzione più lineare rispetto a quanto potuto ascoltare su “Mysticeti Victoria”; infine Loïc Manuello si alterna magistralmente tra chitarra acustica ed elettrica, rendendo i brani estremamente corposi, pieni.

Gli indizi di possibile crescita già presenti nell’album di debutto qui hanno un ulteriore momento di sviluppo, ma la strada da percorrere prima di potersi distinguere dalle masse è ancora alquanto lunga. Alcuni elementi sparsi qua e là all’interno delle composizioni (le componenti prog di “My Last Odyssey”, l’uso a cappella della voce in diversi brani, l’uso della chitarra al fine di dare maggiore volume ai brani) riescono a conferire una certa personalità alla band, ma quando si passa ad analizzare i singoli brani nella loro globalità, ci si accorge che il lavoro svolto necessita ancora di un’ulteriore messa a punto. Gran parte delle composizioni si avvale dei classici cliché insiti nel power metal, ed anche il richiamo ad altre band quali Stratovarius (“My Last Odyssey”, “Anthem For A Planet”) e Sonata Arctica (“Wild Call”) è troppo radicato. Se questi possono essere considerati peccati veniali, il vero punto cruciale sul quale i Darktribe cadono miseramente è l’audacia. Le composizioni presenti nell’album sono tutte all’insegna della linearità, si cerca di raggiungere il risultato con il minor sforzo. Sembra quasi che l’utilizzo delle chitarre per dare maggiore consistenza ai brani sia semplicemente una facciata, un escamotage al solo fine di trasmettere un’idea di maggiore profondità mentre in realtà la sostanza è ben poca cosa. I quattro francesi non osano e preferiscono giocare sul sicuro piuttosto che rischiare di scontentare il loro possibile bacino d’utenza.

“The Modern Age” è un ulteriore passo in avanti per i Darktribe. Piacerà sicuramente agli estimatori degli Stratovarius e delle band affini, ma chi è alla ricerca di una band capace di presentare anche una propria personalità autonoma si stancherà velocemente di questo album.




01. Humanizer
02. Red House Of Sorrow
03. My Last Odyssey
04. The Modern Age
05. A Last Will
06. No Train To Earth
07. Holy Water Day
08. Wild Call
09. Rainwar
10. Anthem For A Planet
11. Darkside Of Imagination

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