Vi è ancora qualcuno capace di comprare a scatola chiusa un album solo perché realizzato da un “supergruppo”? Ci si augura che la risposta sia no, dato che spesso la caratura dei personaggi coinvolti in queste all-star bands è inversamente proporzionale alla qualità della musica proposta. Gli Exxiles ne sono la prova più recente. Il progetto (benché l’etichetta discografica cerchi di puntare sul fatto che si tratti di una band vera e propria, la sensazione che si respira è quella di un puro e semplice progetto), nato dalla mente di Mauricio Bustamante (ex batterista dei Reign Of The Architect), annovera una lista veramente impressionante di collaborati e ospiti. Basterebbero i nomi di Mike LePond (Symphony X), Chris Caffery (Savatage, Trans-Siberian Orchestra) e Zak Stevens (Circle II Circle, Savatage) per far iniziare a salivare qualsiasi amante della musica prog. Ed invece bastano poche note di “Oblivion” (nomen omen), album di debutto della band, per riuscire ad annullare qualsiasi entusiasmo.
L’album, strutturato nella forma del concept focalizzato sul concetto di lealtà e primo capitolo di una trilogia, si apre con “A Better Legacy” ed i problemi che affliggono tutto l’album si fanno subito evidenti. Innanzitutto non può passare sotto silenzio la pessima prova vocale effettuata in questo primo brano. Parlare di cantato in questo caso sembra quasi un’esagerazione, il termine più corretto sarebbe quasi dialogo. L’unico scopo delle linee vocali sembra quasi quello di voler veicolare i concetti che stanno alla base della struttura della storia che si vuole raccontare. Nessun coinvolgimento, nessun trasporto. Pura e semplice narrativa. Ad affossare ulteriormente la parte vocale vi è il fatto che le linee “cantate” si amalgamano veramente male con la parte musicale, creando nella maggior parte dei casi un effetto veramente straniante. Non stiamo parlando di musicisti alle prime armi, qui si tratta di artisti con anni ed anni di esperienza alle spalle!
Se il settore canoro non brilla per qualità, la parte puramente musicale non è messa meglio. Il genio, l’inventiva, l’innovazione che dovrebbero essere le componenti basilari della musica progressive qui latitano pesantemente, la struttura dei singoli brani è quasi sempre estremamente lineare. Sembra quasi che tutte le energie siano state spese per creare un mondo narrativo di uno certo spessore mentre per le restanti componenti si sia pensato di giocare al risparmio, di mantenersi su un livello medio, da compitino, giusto per non scontentare nessuno ma senza nessun guizzo creativo. L’utilizzo di elementi sinfonici per coprire quanto più possibile le lacune di personalità delle linee strumentali non gioca di certo a favore di quanto mostrato in oltre un’ora di composizioni.
Discutibile, poi, la scelta di inserire un brano come “Llorona”, a tutti gli effetti un intruso all’interno del concept dell’album, dal quale si discosta per stile e per cantato. Il fatto che questo brano si riveli essere tra i migliori dell’intero lotto proposto sembra ancor più una beffa. Pochissimi altri momenti meritano la considerazione dell’ascoltatore. Sicuramente “Introspective”, in parte “Dictator Of Trust”. Di più è quasi impossibile trovare.
Come prima prova gli Exxiles hanno fallito alquanto miseramente. La qualità tecnica degli individui coinvolti è innegabilmente elevata, e basta anche solo osservare gli ottimi risultati conseguiti dai singoli nelle rispettive band principali per chiedersi cosa sia successo in questo caso per aver dato alle stampe un prodotto di così mediocre fattura. Con due capitoli ancora da scrivere, ci si augura che qualcosa cambi e che gli standard si elevino un poco.
Exxiles
Oblivion
2015, Nightmare Records
Symphonic Prog Metal