Michael Schenker Fest
Resurrection

2018, Nuclear Blast
Hard Rock

Se il metal è una religione, Schenker è il suo profeta. Che la festa abbia inizio.
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 04/03/18

E' senz'altro un ritorno gradito quello di una vecchia gloria come Michael Schenker, ma potremmo dire che nonostante gli alti e bassi che hanno caratterizzato la sua lunga carriera, il fratellino terribile non è mai davvero scomparso dalle scene. Con un mese di anticipo sulla Santa Pasqua, Schenker celebra la sua personale Passione con un titolo, "Resurrection", che è più di un semplice gioco di parole. La tavola allestita per l'occasione è di quelle importanti: presenti al completo i discepoli che lo hanno accompagnato negli anni, i vari Gary Barden, Doogie White, Graham Bonnett e Robin McAuley, ma anche i più "giovani" Ted McKenna, Chris Glen e Steve Mann. Nessun di voi mi tradirà, anzi, la formazione schierata rappresenta un'autentica garanzia per i suoi fedeli: sia nel progetto Temple Of Rock che nel più recente Michael Schenker Fest, il biondo chitarrista ripropone la formula del "tutti in uno" affiancandosi alle (per lo più) solite vecchie conoscenze. Gli anni delle dipendenze e dello stagefright sono ormai un lontano ricordo: "Resurrection" ci restituisce un artista in ottima forma e ci ricorda che il fratellino di Rudolph è stato nei suoi anni d'oro uno dei chitarristi forse più influenti di tutta la scena rock e metal.
 
A ricordare chi sia e da dove venga Schenker ci pensa l'iniziale "Heart And Soul", non solo per la sua incredibile forza d'urto, ma anche per l'insolita presenza di Kirk Hammett che, come da bravo fan di vecchia data, si cimenta in interessanti botta e risposta col padrone di casa a colpi di assoli. Una performance quella del chitarrista americano che rappresenta una gradita sorpresa, specie per quelli che lo ritengono (non a torto) un chitarrista da anni ormai involuto. I cantanti di Schenker si dividono equamente le parti di un banchetto ricco e prelibato, dodici tracce che rimandano al classico stile del Michael Schenker Group. Le prime quattro tracce scandiscono un inizio col botto, mentre il livello di nostalgia sale di pari passo alla tamarraggine di "Night Moods", in cui un immarcescibile Graham Bonnett ci riconduce dritti ai tempi di "Assault Attack". Il disco zoppica un po' nella parte centrale, nulla di particolarmente scabroso, giusto qualche pezzo di maniera e melodie più easy del solito, fino a risollevarsi nella coralità di "Anchors Away" e nella conclusiva "Supper's Ready", in cui tutte le voci si riuniscono per il gran finale sotto un ispiratissima melodia.
 
Per quanto possa sembrare strano, non è tanto l'apporto degli ospiti a rendere speciale "Resurrection", quanto la notizia che Michael Schenker è ancora il migliore esempio di chitarrista capace di piazzare le note al posto giusto: tutto il disco è permeato di assoli incredibilmente belli da ascoltare, imprevedibili e privi di quella autoreferenzialità tipica dei guitar heroes. Adesso aspettiamo solo di vederlo all'opera on stage anche da queste parti: Michael Schenker è tornato, il miracolo è compiuto.




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