Moonspell
1755

2017, Napalm Records
Gothic Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 31/10/17

L’Italia non è estranea ai terremoti – che sia quello del 1908 che devastò le città di Messina e Reggio Calabria, quello del 1980 in Irpinia, quello dell’Aquila del 2009 o i più recenti del 2016 che hanno colpito a fondo il centro Italia, da Norcia ad Amatrice – ma anche il Portogallo non è stato esente da attacchi sismici disastrosi. Esempio ne è quello che nella notte tra il 31 ottobre ed il 1° novembre del 1755 distrusse più di mezza Lisbona, con oltre 60000 morti nelle fasi iniziali a cui ne sono seguite diverse altre decine di migliaia a causa degli incendi e dello tsunami che ha spazzato la città. Una nazione prostrata dalla furia degli elementi, spezzata nel corpo e nello spirito. Ad oltre due secoli e mezzo di distanza i Moonspell hanno voluto rappresentare in musica questa tragedia, dando vita ad un concept cantato completamente in portoghese dal titolo molto emblematico di “1755”, anno funesto per la nazione della band.

Nonostante la particolare concezione e struttura dell’album il combo lusitano non abbandona il proprio stile, anzi se fosse possibile lo rafforza ancor di più, proseguendo ottimamente sulla strada che era stata ben percorsa dal precedente “Extinct”. L’apertura viene lasciata a “Em Nome Do Medo”, già presente sul disco B di “Alpha Noir”, ovvero l’ottimo “Omega White”. La traccia, per quest’occasione, è stata completamente riscritta, mostrandoci delle orchestrazioni che le donano un aspetto cinematografico. Ci troviamo quasi davanti a dei titoli di testa di un film, dove vengono poste le basi per quanto seguirà musicalmente e concettualmente: grande espressività lirica, innesti folk di ambito latino e arabeggiante – talmente legati al DNA della band da essere presenti nei primi lavori: “Anno Satanæ” e “Under The Moonspell”, magistralmente aggiornati nel più recente “Under Satanæ” -, potenza della sezione ritmica. In ogni singola traccia aleggia un senso di profonda inquietudine, amplificato magistralmente dall’uso degli archi e dei cori. “1755” prosegue questa linea d’azione: alternanza di momenti violenti con altri più pacati, dove gli strumenti acustici ed il folk stabiliscono la cifra stilistica. “In Tremor Dei”, aperto da un riff che trasuda Moonspell da ogni poro, ci getta immediatamente nel centro dell’azione, con l’arrivo del terremoto. La partecipazione di Paulo Bragança in una sezione di cantato deliziosamente stratificato dona ancor più profondità al brano, facendoci sentire materialmente il caos di persone e cose che le scosse avevano scatenato. “Desastre”, “Abanão” e “Evento” si mostrano molto più pesanti degli altri brani del lotto, con pochi inserti sinfonici ed i cori solo a supportare i ritornelli. Fernando Ribeiro appare quale perfetto interprete della paura, del dolore e dell’incertezza che dovevano aver colto gli abitanti di Lisbona in quel lontano 1° novembre. In alcuni momenti il suo cantato sembra scaturire dall’oscurità, dalle profondità delle macerie che disseminano quella che era una fiorente città, un grido o un sussurro a seconda dei casi che cercano un aiuto inascoltato da parte degli uomini o di Dio. “1 De Novembro” è l’arrivo del nuovo giorno, un grido disperato di chi è sopravvissuto ma si trova in mezzo alla distruzione. Grande lirismo e epicità grazie ad un uso sapiente dei cori. “Ruínas” ci mostra lo stato di rovina della città. Il cantato di Ribeiro è più controllato ma non per questo meno coinvolgente, mostrandoci appieno una gamma di emozioni e sensazioni che avranno sicuramente contraddistinto anche gli spettatori dell’epoca. Introduzione arabeggiante per “Todos Os Santos”, con un cantato in alcuni punti posto in secondo piano, quasi come se nuovamente provenisse da sotto le macerie. Connotazione stilistica che contrasta drasticamente con la sacralità mostrata dall’orchestrazione e dai cori, capace di mettere bene in mostra la duplicità di pensieri che dovevano attanagliare le menti dei portoghesi: la profonda religiosità di una nazione completamente scossa dalla furia (forse immotivata) divina, dove neppure i santi avevano potuto salvare le chiese. La chiusura è lasciata a “Lanterna Dos Afogados”, cover della band brasiliana Os Paralamas do Sucesso. Il brano pop originale, dal tono molto leggero, acquista una dolorosa profondità, una pesantezza che ben si sposa con le tematiche trattate. Il cantato di Ribeiro è roco e senza speranza, getta ombre scure su un giorno dove non vi è alcuna speranza per i vivi. La morte aleggia su Lisbona e nemmeno l’aldilà viene visto come un qualcosa a cui aspirare.

I Moonspell ci hanno abituati ad album di grande livello e con “1755” riescono sicuramente a dare vita ad una delle loro migliori prove in studio. Al di là del già citato ottimo lavoro della sezione ritmica, una costante che quasi ripropone la violenta fisicità delle scosse di terremoto, bisogna assolutamente segnalare il magistrale contributo delle chitarre di Pedro Paixão e Ricardo Amorim che, tra rimandi al corso passato e a quello attuale, donano grande personalità ai dieci brani dell’album. Le singole canzoni mostrano strutture varie e stratificate che riescono a mantenere viva l’attenzione con innesti folk e sinfonici. Il cantato in portoghese dona un maggiore coinvolgimento, portando in primo piano i sentimenti e permettendo a Ribeiro di interpretare ancor più magistralmente la sua parte.

“1755” non è un album leggero, intriso com’è di sensazioni – quasi sempre negative ed oscure – e di interrogativi filosofici. Nonostante la pesantezza della materia trattata i Moonspell riescono comunque a dare alle stampe un’opera coinvolgente e godibile. Dopo i festeggiamenti dal vivo per i 25 anni di attività, l’arrivo di questo inedito da studio è un ottimo inizio per la prossima tranche di carriera, con una band estremamente motivata ed ispirata.



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool