Alice Cooper
Muscle Of Love

1973, Warner Bros
Hard Rock

"Quella volta abbiamo pensato solo a divertirci" (Alice Cooper)
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 19/11/17

Ce l'aveva messa tutta Alice Cooper agli inizi della sua carriera, per non fare il servizio militare. Essere cittadino americano arruolabile, all'inizio degli anni '70 significava una sola parola: Vietnam. Oggi probabilmente non saremmo qui a raccontarvi questa storia, se le cose non fossero andate diversamente. Ci aveva messo talmente tanto impegno da diventare presto un simbolo, uno "too big to fail", troppo famoso, e dunque intoccabile, per essere trascinato giù nel girone dei dannati senza scatenare una rivolta di popolo. Nel 1973 Alice Cooper e la sua band erano reduci da un poker di capolavori ma il difficile si sa, non è solo arrivare alla vetta, bensì rimanerci. Quando sei consapevole di avere dato il massimo possibile si scatenano subdoli meccanismi psicologici: subentra la routine e la conseguente necessità di rinnovarsi, subentrano gli ego, amplificati da uno stile di vita poco ortodosso, scandito da eccessi di ogni tipo. In un contesto del genere, la scelta sbagliata può segnare nel bene o nel male un'intera carriera. Tutti pensieri che serpeggiavano in seno alla band alla maniera di Kachina, il primo di una serie di serpenti adottati da Mr. Alice Cooper. Per questo l'istrionico singer getta la maschera e inizia a mostrarsi nelle interviste per quello che è, il signore della porta accanto, il classico esponente della classe media con l'hobby del golf e una vocazione cristiana.

"Muscle Of Love" è dunque il disco della distensione: Alice Cooper non rappresenta più l'anima nera del popolo yankee, non c'è più un orrore da esorcizzare, né una guerra da fronteggiare. Tradotto fuori dal politically correct, "Muscle Of Love" è la fotografia di una band stanca che gioca di mestiere e che punta a ottenere il massimo col minimo sforzo. Un'opera che si presenta quasi a fatica, imballata in quella copertina di cartone unto e anonimo. Persino il titolo, così malizioso e innocente al tempo stesso, sembra confezionato apposta per fare presa sugli adolescenti. Cappi e ghigliottine dunque restano in soffitta e col senno di poi non è stata neanche una scelta azzardata. E' un disco adagiato su toni distesi, quasi solari, e che coglie l'ascoltatore alla sprovvista: pensiamo a "Crazy Little Child", un jazz/ blues leggero e sensuale che non ti aspetteresti da Alice Cooper ma che, strano a dirsi, gli calza a pennello come poche cose in carriera. La voglia di un approccio più easy decolla negli inserti di armonica e hammond dell'americanissima "Working Up a Sweat", o nell'innocua "Never Been Sold Before". La ballad "Hard Hearted Alice" rappresenta invece un passo indietro, un ritorno a quelle atmosfere crepuscolari che avevano fatto la fortuna di dischi come "Killer" e "Love It To Death". Altro trait d'union stilistico con il passasto sono la title track, anche se non affonda come dovrebbe, al pari di "Woman Machine" e l'inutile "Big Apple Dreamin' ". Vince invece la palma di grande incompiuta "The Man With The Golden Gun", inizialmente concepita come colonna sonora dell'omonimo film di 007. Il successo l'anno prima di quella "Live And Let Die" firmata Paul Mc Cartney aveva illuso di poter ripetere l'impresa, ma per una serie di ingenuità il pezzo non venne consegnato in tempo ai produttori; resta oggi l'istantanea di una band che tenta di allontanarsi dal sentiero maestro per comporre qualcosa di più sofisticato e accessibile al grande pubblico. Tentativo andato a vuoto. L'unico pezzo che riuscirà a sopravvivere al generale senso di sconfitta è "Teenage Lament '74" che non a caso recupera le caratteristiche di inno generazionale come erano stati "I'm Eighteen" e "School's Out". Un pezzo tutt'altro che sconvolgente, ma che ha nell'andatura scanzonata e nel chorus i suoi punti di forza.

Guizzi che non furono sufficienti a evitare la disfatta: la band era diventata consapevole di essere, se non al capolinea, almeno alla fine di una fase creativa. "Muscle Of Love" fu il tentativo disperato di negare con forza questa certezza, l'illusione che in qualche modo si poteva andare avanti, lui era Alice Cooper, il Re delle Tenebre e degli incubi di milioni di americani, figuriamoci se poteva arrendersi così. Le forze centrifughe dentro la band avevano ormai preso il sopravvento, da qui in avanti gli Alice Cooper come band cesseranno di esistere. Alice Cooper da ora in poi rappresenterà unicamente sé stesso, l'inizio sarà di quelli col botto, con il capolavoro "Welcome To My Nightmare", cui seguirà un lungo periodo di oblio e prevedibili sbandate stilistiche. Un motivo in più per soffermarsi dalle parti di "Muscle Of Love", ultimo vagito di una band sui generis.




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool