Praying Mantis
Legacy

2015, Frontiers
Heavy Metal

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 21/08/15

Nella prossima primavera i Praying Mantis presenzieranno al Keep It True Festival con uno special show interamente dedicato a “Time Tells No Lies”; per ingannare il tempo in attesa del grande evento, i fratelli Troy tornano sul mercato a sei anni dal precedente “Sanctuary” e ne approfittano per smarcare la decima tacca della loro discografia. “Legacy” è anche il primo rilasciato con i nuovi innesti in formazione: John Cuijpers (voce) e Hans in ‘t Zandt (batteria) sono approdati alla corte dei fratelli Troy ormai nel 2013 in qualità di perfetti sconosciuti, ma con tutta l'intenzione di non essere relegati a semplici comparse.

Come ormai anche i muri sanno, la band ha integrato nel tempo il classico sound stile NWOBHM con elementi di derivazione hard rock e AOR, elementi che col tempo sono diventati sempre più caratterizzanti e che, se da una parte hanno portato il gruppo lontano dal metal propriamente detto, dall'altra hanno consentito di guadagnare la stima di un pubblico di nicchia, piacevolmente catturato dall'abilità compositiva dei due fratelli. Nel complesso “Legacy” mantiene intatto il sound che ha caratterizzato i Mantis dalla fine degli anni Ottanta, ma con qualche sfumatura in più. Dalle undici tracce che compongono questo lavoro emerge una punta se non di epicità, termine che potrebbe essere fuorviante, quantomeno di sana drammaticità. Per il resto, largo alle melodie di derivazione AOR, ai chorus a presa rapida e alle immancabili twin lead guitars. L'inizio del disco non è proprio esaltante: a dispetto della sua andatura solenne, “Fight For Your Honour” (presentata in anteprima al Frontiers Rock Festival) non fa gridare al miracolo per colpa di un chorus ripetuto fino allo sfinimento mentre “The One” sembra il classico pezzo AOR già ascoltato migliaia di volte. Se a queste aggiungiamo un paio di power ballad senza mordente (“Better Man”, “All I See”) la sensazione di essere davanti a un flop inizia a farsi largo. Per fortuna nella seconda metà del disco il livello delle composizioni è di tutt'altra caratura, grazie appunto a una maggiore drammaticità che tocca il suo climax nell'assolo conclusivo di “The Runner”, anthem spedito ed esaltante degno dei tempi migliori, senza tralasciare pezzi altrettanto solidi come “Believable” (per chi scrive il pezzo migliore, senza avere alcuna caratteristica particolare...) e “Fallen Angel”. Il vero punto di forza del disco è senza dubbio la produzione che riesce ad esaltare i pezzi anche dove il songwriting risulta un po' zoppicante.

“Legacy” non è certo un disco raffazzonato o messo su alla meno peggio, dietro queste undici tracce si sente la mano sapiente di chi l'arte del songwriting la conosce bene, ma temiamo che il disco finisca per mimetizzarsi fra la miriade di lavori in uscita in ambito hard rock/AOR. Per quanto ben scritti e in qualche caso persino avvincenti, i pezzi di “Legacy” nulla tolgono e poco aggiungono a una band che con il suo debutto ha scritto un capitolo importante della New Wave Of British Heavy Metal. Diciamolo in modo chiaro, comporre capolavori assoluti non è mai stata la vocazione dei Praying Mantis, ma la sincerità e la passione che trasudano i loro dischi sono da sempre sufficienti a far guadagnare loro il rispetto di fans e addetti ai lavori. Da questo punto di vista, noi non facciamo eccezione.




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