Big Wreck
Grace Street

2017, Ole
Hard Rock, Prog-Rock

Grace Street è un disco vivace, lineare ma mai banale. Un’ottima prova per un “nuovo battesimo” dei Big Wreck
Recensione di Giovanni Maria Dettori - Pubblicata in data: 10/03/17

Dopo 5 anni di riassestamento a causa di un burrascoso ed improvviso scioglimento, i Big Wreck sono tornati con il loro quinto album, “Grace Street”, cercando di riscrivere la propria storia. La band canadese ha dovuto attraversare numerosissimi momenti di crisi, nonostante quel brillante esordio nel 1997 (parliamo ormai di ben 20 anni fa!) quando la band fu incaricata di aprire i concerti nientemeno dei Dream Theater. Solo 4 anni dopo la carriera del gruppo canadese sembrava già essersi arenata a causa dello scarso successo di "The Pleasure and the Greed". Quasi 10 anni dopo però per fortuna i fratelli Thornley hanno ritrovato le forze per ritirare su la band, con un inizio praticamente da zero di cui questo disco rappresenta solo il secondo passo.
 
“Grace Street” si apre con “It Comes as no surprise” , con la voce di Ian Thornley a lanciarsi in tutta la sua brillantezza sullo sfondo delle chitarre distorte, con scenari grandiosi e continui crescendo. L’ottimo inizio prosegue con “One good piece of me”, brano sicuramente più radiofonico del precedente, continuando sulla linea di un rock cristallino ma dalle spalle robuste, con picchi vocali per nulla banali. 
L’album procede spedito sino a “You don’t even know”, dal ritmato groove stavolta più poppeggiante ma tremendamente orecchiabile, andando a chiudere una prima metà dell’album digeribile e dai toni radiofonici, che come vedremo si contrappone alla seconda, dove il disco si fa gradualmente più ruvido ma senza snaturarsi.
 
“Useless” è una delle perle dell’album, dove la chitarra acustica tesse le trame di una ballad ricca di eco e di passione, un rock senza tempo e spazio che convince. Proseguendo nell’ascolto, “A speedy recovery” costituisce una delle tracce più interessanti, con un ottimo connubio tra il ritmo incessante delle percussioni ed un riff di chitarra genuino che scivola vellutatamente arricchendo ulteriormente la traccia. 
Il disco nella sua interezza riesce a conciliare un rock moderno e limpido con trame più classiche ma corpose, come nel caso di “The Receiving end”, traccia dove si sentono gli echi di Led Zeppelin e The Doors, così come in “Skybunk Marché”, dove la band fa sentire anche la sua anima Prog forse un po’ sopita nel resto del disco e con cui i Big Wreck si erano fatti conoscere in questi anni. A chiudere il disco ci pensa “All my fears on you”, una traccia senza infamia e senza lode, forse la più ordinaria del disco che non dona la conclusione sperata, con un assolo sul finale tanto grandioso quanto già sentito. Peccato perché il lavoro svolto sino a quel momento è comunque da premiare. 
 
Ian Thornley è in ottima forma, così come la verve del gruppo nella sua interezza. Dopo anni di incertezza e dopo una carriera altalenante, i Big Wreck hanno sfornato un disco per niente banale, dotato di un profilo robusto e di una ricchezza sonora e compositiva di primo livello. Un disco piacevole da scoprire, non facilmente etichettabile e che fa il suo dovere, piacendo senza stravolgersi perseguendo una linea che unisce tutte le tracce. 





01. "It Comes as No Surprise"
02. "One Good Piece of Me"  
03. "Tomorrow Down"
04. "You Don't Even Know"
05. "Useless"
06. "A Speedy Recovery"
07. "Motionless"
08. "Digging In"
09. "The Receiving End"
10. "Floodgates"  
11. "The Arborist"  
12. "Skybunk Marché"
13. "All My Fears on You"

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