Mac De Marco
Salad Days

2014, Captured Tracks
Rock Psichedelico, Synt-Rock

Il disco della consacrazione di Mac De Marco, che non-troppo-consapevolmente crea un genere musicale inedito e stupefacente
Recensione di Giovanni Maria Dettori - Pubblicata in data: 09/08/19

Macbriare Samuel Lanyon, in arte Mac De Marco, voleva solo fare la musica che gli piaceva. Un teporoso misto di Jungle Rock, blues, synthwave che rievoca sentimenti di nostalgia post-estivi e tramonti vaporosi. Probabilmente non si sarebbe immaginato di creare un genere, né tantomeno di divenire un alfiere del nuovo Indie-Rock. 
 
 
Salad Days è l’album più rappresentativo di Mac, che con la sua salopette e il suo cappellino di stoffa imbraccia una Fender dalla quale estrae un sound metallico ma soffice, in un ossimoro che è proprio la base del suo successo. Un Redneck che suona musica da Hippie… Chi diavolo mai ci avrebbe pensato? 
 
 
L’allegria dell’arpeggio di “Blue Boy” metterebbe il sorriso anche a chi ha avuto la giornata più storta, con la calda voce di Mac che assume subito il tono di un amico, qualcuno con cui ci piacerebbe passare un pomeriggio assieme anche solo a chiacchierare. Stesso discorso per “Brother”, severa nelle sue riflessioni dove l’artista “scolpisce” un ennesimo ottimo riff, mentre il basso riempie lo spazio del ritornello. Canzoni che sono dolci e amare allo stesso tempo, dalle quali ognuno trae il risultato che più gli aggrada. Salad Days affianca con sapienza canzoni diverse, pennellando un piccolo capolavoro di piccoli punti che si incontrano: le giravolte di “Let Her Go”, l’atmosfera goffa di “Goodbye Weekend”, l’intimità di “Let My Baby Stay” e “Treat Her Better” sono imperniate di tante piccole trame diverse dove percussioni, tastiere, chitarre prendono sembianze diverse creando un sound pazzo, insolito ma che è già di culto. Per capirlo basta sentire “Chamber of Reflection” dove una melodia giapponese viene riadattata per cantare la malinconica fine di una relazione, a richiamare la solitudine amara di Mac, mentre gli acidissimi Synth Roland pervadono ogni trama. Un brano pioneristico a dire poco considerato l’amore che la musica oggi vive per la Retrowave, così come il fascino per il “New-Old” che parte da qua e che arriva sino a Stranger Things, giusto per dire. 
 
 
Inconsapevolmente Salad Days crea un genere: la genuinità del voler creare una musica semplice, evocativa e onirica è lo strumento per tratteggiare specchi di vita quotidiani talmente veri da farci innamorare. Sorprende vedere oggi Mac De Marco fra i padri dell’indie contemporaneo, per un personaggio che di “indie” nel vero senso del termine ha pochissimo e che altro non vuole che far sentire il gusto di una musica così autentica quanto rara. Eppure il suo mix di chitarre strimpellate e synth malinconici ha lasciato un solco profondo, che unito a quello dei Tame Impala ha generato un genere a sé stante che una nuova ondata di artisti (Yellow Days, Good Morning e molti altri) sta cercando di cavalcare, e che ha contaminato fortemente anche i lavori più mainstream.
 
 
Salad Days è l’album della consacrazione di Mac De Marco, personaggio del quale consigliamo vivamente di non perdere le tracce.





  1.  Salad Days
  2. Blue Boy 
  3. Brother
  4. Let Her Go
  5. Goodbye Weekend
  6. Let My Baby Stay
  7. Passing Out Pieces
  8. Treat Her Better
  9. Chamber Of Reflection
  10. Go Easy
  11. Jonny's Odyssey

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