Sage
Anno Domini 1573

2018, Rockshots Records
Power / Heavy Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 20/09/18

Nel troppe volte asfittico panorama power metal vale sempre la pena tenere d’occhio i debutti dato che molto spesso rivelano soprese in fatto di freschezza e novità. L’esordio della band croata Sage con “Anno Domini 1573” merita a pieno diritto di essere scoperto dalle masse di fan del metallo pesante. Non è un lavoro perfetto ma un gran numero di brani riesce a risultare estremamente godibile, anche nell’ottica di minore severità in fase di recensione che spesso si accorda al primo album della carriera di una band. Questo fatto non stupisce tanto quando si va a vedere l’organico del combo croato, dove figurano musicisti come Enio Vučeta (chitarra), Marko Karačić (basso) o Andrej Božić (tastiere) che non sono affatto al loro primo ingaggio nell’ambito musicale.

Il sound proposto dai Sage mischia abilmente brani di provenienza power metal con altri più orientati al prog o all’heavy metal di stampo classico. Di certo non otterrà il favore dei puristi di uno solo dei generi trattati, non riuscirà a creare una progressione uniforme della tracklist o a far capire in quale direzione musicale vogliano muoversi i sei musicisti, ma il risultato affascina. Ed infatti “Anno Domini 1573” conquista l’ascoltatore, anche se non fin da subito. “Rivers Will Be Full Of Blood”, primo brano dell’album, non centra fino in fondo l’obiettivo prefissato, presentandosi come un power metal troppo standardizzato. È invece la seconda canzone, “Rebellion”, a far capire il valore del combo: heavy metal, intro ipnotica, scrittura solida e molto ricca, voce che non vuole rubare la scena ma che si inserisce nella partitura musicale come sesto strumento. Bastano queste due canzoni per avere già una chiara idea di quanto i Sage hanno concepito in fase di scrittura. Uno degli elementi che salta immediatamente all’occhio è l’uso delle intro ai singoli brani: sempre presenti, con la sola eccezione di “Join Us”, perfettamente integrate nel brano, ideali per settare l’atmosfera. Salta subito alla mente una band come gli Stormwitch, fautrice di questo tipo di tecnica, molto presente nel secondo brano di “Anno Domini 1573”. L’aspetto cinematografico che percorre tutte le composizioni – d’altra parte ci troviamo di fronte ad un concept album dedicato alla rivolta dei contadini serbi nel 1573 – non appesantisce il risultato finale ma riesce anzi a dare un punto d’appiglio attorno a cui costruire le singole composizioni.

Non vi sono solo pregi in questo album ma anche alcuni difetti. Per esempio, brani non ben sviluppati, come “Wolf Priest”: gustoso omaggio N.W.O.T.B.H.M, sembra soffrire di una eccessiva brevità rispetto alle altre tracce che non permette di far respirare la canzone a dovere, tanto che la naturale progressione giunge ad una conclusione un po’ troppo anticipata, negando appieno le ottime qualità che fino a quel momento si erano solo intraviste. Un altro elemento non propriamente ben integrato risulta essere un effetto vocale utilizzato in diversi punti dell’album, da “Dragon Heart” in avanti, che dona una sembianza metallica al parlato. Usato a sprazzi, senza apparente soluzione di continuità o di un programma preciso, sembra quasi un’aggiunta puramente gratuita che non porta nulla al sound della band. Come sempre, de gustibus non est disputandum, ma quando si parla di unità di elementi all’interno di un brano anche un semplice particolare fuori posto può fare la differenza tra una composizione riuscita ed un’altra che avrebbe avuto le potenzialità ma non ha centrato l’obiettivo. È un peccato perché la traccia presa in esame alla fine è molto ben riuscita, con ottime variazioni prog. Rimanendo sempre nell’ambito particolari poco azzeccati vale la pena segnalare anche la pessima resa del flauto all’inizio di “Battle”: l’intro affidata al solo strumento, non si capisce se reale o ottenuto via effetti di tastiera, risulta poco incisiva, non tanto per la melodia ma quanto proprio per la resa sonora, estremamente stridula. Che sia un problema di mixaggio sbagliato o di errata valutazione delle reali possibilità dello strumento non è possibile dirlo. Di certo si nota che all’interno del copro della canzone il flauto si integra decisamente meglio nella struttura musicale, dando vita ad un brano vario, dal chiaro sapore medievale, che forse pecca in una eccessiva derivazione da classici power metal, come faceva la traccia d’apertura.

Ma “Anno Domini 1573” ha anche momenti veramente appaganti, come per esempio “Two Souls”: intro dove la voce finalmente si fa strumento solista e si lascia andare, giocando non sulle tonalità ma sulla qualità e sull’espressività. Piena, malleabile, potente, è l’elemento portante di tutta la canzone anche quando gli strumenti sono presenti. Anche “Man Of Sorrow” ci mostra la vision che i Sage hanno dell’utilizzo della voce del loro cantante: all’interno di una cornice folk di stampo orientalizzante vengono lasciati ampi spazi alla pura narrazione, relegando il cantato al solo ritornello. La varietà delle situazioni, ampliata anche dall’innesto di vocalizzi femminili, dona un carattere molto personale al brano. “Join Us” merita di essere citato in quanto è il pezzo power metal più riuscito dell’intero lotto: cambi di ritmo, strumenti messi in primo piano a turno senza risultare banali, velocità e potenza che fanno risaltare una buona personalità della scrittura della canzone. Se “Treason” ci butta a capofitto in un’atmosfera oscura dove il prog la fa da padrona, la conclusiva “Heaven Open Your Gates”, con una intro affidata ad un canto religioso, è la vera ciliegina sulla torta in quanto a prog metal: il progredire del brano, con momenti leggeri ed atmosferici, riesce a costruire alla perfezione la scalata verso un assolo di chitarra che è solo il preambolo ad un coro maestoso che ben si sposa con l’ambientazione dell’intro.

I Sage si presentano sul mercato internazionale con un biglietto da visita di tutto rispetto. “Anno Domini 1573” è un album vario e gustoso che ingloba diversi ambiti musicali senza mai propendere per uno o l’altro. Se a questo saper dosare bene i singoli elementi aggiungiamo una vena creativa personale che riesce ad esprimersi piacevolmente in direzioni quasi mai scontate, è facile intuire che ci troviamo di fronte ad un buon debutto che lascia intravedere tante potenzialità sulla lunga distanza.



01. Rivers Will Be Full Of Blood
02. Rebellion
03. Wolf Priest
04. Dragon Heart
05. Two Souls
06. Blacksmith’s Tale
07. Man Of Sorrow
08. Join Us
09. Treason
10. Battle
11. Heaven Open Your Gates

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