Le coordinate stilistiche restano quelle di un tempo: una base sludge, ritmi per nulla sostenuti nonostante l'attitudine spiccatamente punk/hardcore che traspare in alcuni frangenti, riffing crudo e primordiale che arriva persino a strizzare l'occhio al black metal più acido e oscuro creando un muro sonoro sinistro carico di inquietudine e, infine, sfociando (in particolare nella title-track) in qualche lieve ma percepibile segmento black'n'roll. Il tutto sintetizzato nelle tre tracce, con la prima, "Pest Crusade", dal tiro più HC e groovy, e la seconda più lenta ed acida. La crudezza della proposta dei Mantar viene poi enfatizzata dalla voce straziante e sgraziata del chitarrista Hanno, ma anche dal songwriting e dalla scelta dei suoni, che compensano egregiamente l'assenza del basso, una mancanza che non si fa sentire, e una visione che sta prendendo sempre più piede in ambito estremo, condivisa per altro, tra i tanti, con gli svizzeri Bölzer, il cui cantante/chitarrista Okoi Jones compare come special guest proprio sulla terza ed ultima traccia, partecipando ad un duetto infernale con il già citato Hanno.
Nonostante siano degli outtake, i brani godono comunque di una certa cura, e rappresentano una sorta di mini-riassunto delle puntate precedenti della (breve) carriera dei Mantar, un'occasione per chi fosse completamente vergine della loro proposta, ma incuriosito da questo mix di contaminazioni, di partire alla riscoperta dei loro lavori passati. Questo "The Spell" resta comunque un prodotto di nicchia, indirizzato principalmente ai super-fan e ai collezionisti.