Ufomammut
Ecate

2015, Neurot Recordings
Doom Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 02/04/15


Celebro Ecate trivia, amabile protettrice delle strade,
terrestre e marina e celeste, dal manto color croco,
sepolcrale, baccheggiante con le anime dei morti,
figlia di Crio, amante della solitudine superba dei cervi,
notturna protettrice dei cani, regina invincibile,
annunciata dal ruggito delle belve, imbattibile senza cintura,
domatrice di tori, signora che custodisce le chiavi del cosmo,
frequentatrice dei monti, guida, ninfa, nutrice dei giovani,
della fanciulla che supplica di assistere ai sacri riti,
benevola verso i suoi devoti sempre con animo gioioso.

(Inno Orfico)

Ecate” una e trina: dea degli uomini, degli dei e dei morti; passato, presente e futuro; giovane, adulta, vecchia. Come una e trina è la musica degli Ufomammut, tra doom, sludge e psichedelia. Ascoltare il settimo parto della band piemontese è come affrontare un viaggio iniziatico nell’oltretomba pagano, un ritorno alle nostre origini più profonde. La musica degli Ufomammut non si può raccontare, deve essere percepita, bisogna immergersi in essa e uscirne trasformati. “Ecate” è un muro di arrembante angoscia, di malessere cosmico che investe l’ascoltatore con una pesantezza raramente così ben percepita. “Ecate” è una bestia selvaggia che si desta (l’intro che compone i primi tre minuti con synth di “Somnium”) e che flagella l’ascoltatore ininterrottamente per tutta la durata delle sei tracce che compongono l’album, fino a riassopirsi nell’outro dei minuti finali di “Daemons”. La musica degli Ufomammut è inquietante, serpentina, risveglia ricordi ancestrali ormai perduti nelle pieghe delle nostre menti assuefatte da televisione e conformismo. Non è pensata per le masse ormai anestetizzate da canzonette usa e getta, è una creatura viva e pulsante. Non è di facile ascolto, necessita di diversi passaggi prima di poter essere compresa, prima di riuscire a decifrarne la corretta chiave di lettura. Un titolo come “Ecate” incarna perfettamente la tipologia di musica contenuta nell’album. Il doom/sludge pesantissimo, condito da forti dosi di angosciante e inquietante psichedelia, si ricollega in modo magistrale alle caratteristiche della dea. Riff martellanti, synth molto più predominanti che in passato, la voce proveniente dall’oltretomba di Urlo. Ogni singola componente trova il proprio spazio nel dare vita ad una creatura che si nutre della perfetta unione tra la devastazione musicale ed il rifiuto più totale delle regole. Come si potrebbero spiegare altrimenti i sei minuti di intro della lunghissima “Chaosecret” o la fine improvvisa ed inaspettata della invece corta (per gli standard degli Ufomammuth) “Plouton”. La pesantezza davanti a cui ci troviamo è tale da poter polverizzare le rocce, il cemento, e tutte le nostre convinzioni, prova ne sono gli ultimi due minuti di “Chaosecret” o la conclusiva “Daemons”, capace sintetizzare alla perfezione la concezione musicale della band.

Con quindici anni di carriera alle spalle, gli Ufomammut hanno dato alle stampe il loro lavoro migliore, l’apice di un processo di sperimentazione mai interrotto, confermandosi gli indiscussi maestri delle sonorità più allucinate e pesanti. Musica allo stato più primordiale, senza compromessi. Musica difficile, musica appagante.




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