Danko Jones
A Rock Supreme

2019, AFM Records
Hard Rock

Il rock è tornato, signore e signori: giù il cappello!
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 18/04/19

«Sono in una band e lo adoro / E tutto ciò che voglio fare è suonare la mia chitarra /e rock 'n'n roll!». Quale miglior garanzia per il nostro scuotitesta che la meravigliosa dichiarazione di intenti di "I'm In A Band", in apertura a "A Rock Supreme", ultima fatica degli hardrockers canadesi Danko Jones. Li avevamo lasciati, esattamente due anni fa, a scalare a man bassa le classifiche di mezza Europa col riuscitissimo "Wildcat", album che aveva dimostrato al mondo come gli anni che passano non fanno che acuire la grinta e l'attitudine a incendiare palchi e orecchie di questo agitatissimo trio.

 

Ormai alle soglie dei cinquanta, Danko non sembra avere alcuna intenzione, non diciamo di smorzare, ma di sofisticare la propria proposta. La formula è infatti sempre la stessa, anzi sempre più solida ed essenziale: rock, hard rock, rock blues, un filino di aggressività punk e un'attitudine metal di fondo che è come la splendente cromatura alla carrozzeria della nostra Cadillac bianca. Nessun cedimento, nessun ripiegamento nostalgico; piuttosto un viscerale amore per tutto ciò che è, è stato e potrebbe essere rock. "A Rock Supreme", se forse nel titolo rieccheggia il capolavoro di John Coltrane "A Love Supreme", è il più puro concentrato di hard rock (poco piu di quaranta minuti per undici brani) reperibile oggi su un mercato che sempre più guarda alla seconda metà degli Ottanta (basti pensare a "The Dirt", pellicola dedicata agli esordi dei Motley Crue, band chiave del rockglam, che sta spopolando sulla piattaforma Netflix). Proprio dai profondi Ottanta Danko trae soluzioni e spunti, sempre filtrandoli attraverso i Nineties e il suo gusto e particolare stile, il cui punto di forza è - a nostro sentire - l'angolare fusione di semplicità, efficacia e potenza. Lontanissimi dai rovelli dell'innovare e dello sperimentare, al contrario i Danko Jones si collocano in una precisa tradizione che potremmo far risalire almeno ai mai abbastanza compianti Thin Lizzy e ad altre band coeve (NazarethTwisted Sister, Quite Riot, T- Rex). Altro punto di forza della band è la sistematica ricerca del refrain che cattura e porta irresistibilmente a saltare, cantare e fare coretti (ascoltare "Party" per credere); poi, se le orecchie non ci ingannano, ci sembra di riconoscere nella travolgente "You Got Today" un omaggio al classico di Van Halen "Hot For Teacher", come svela l'urletto alla David Lee Roth intorno ai 2 minuti e 5 secondi. Se la classe di "Lipstick City" o la spinta coinvolgente di "Dance Dance Dance" non agita i vostri piedi, se la carica di "Burn In Hell" non vi ha ancora spettinato passandovi vicino a 150 all'ora, se il pugno di ferro di "Fists Up High" non vi scuote un pelo, forse ci permettiamo di dire che avete sbagliato genere musicale.

 

Avete un'ultima possibilità per redimervi al suono della conclusiva dichiarazione di guerra di "You Can't Keep Us Down". In conclusione, un lavoro al fulmicotone, che fa il paio perfetto col precedente "Wildcat" e che azzittisce chiunque osi affermare che i Danko Jones sono bolliti. Nossignore, non lo sono per nulla, e non vediamo l'ora di trovarci di nuovo sottopalco a scuotere le ossa a ritmo di rock.





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