“Tomorrow cannot be like this
And even though it’s such a simple world,
Tomorrow cannot be like this
Tomorrow they will take a stand.
We’ll leave no heart unbroken”
Assistiamo all’evoluzione del Punk Rock gravemente influenzato da alitate di New Wave contemporanea. Con un continuo sguardo rivolto al futuro. Sarà la maturità complessiva del gruppo, sulle scene mondiali dal 1991 – erano gli anni della grande rinascita del genere, soprattutto grazie all’accoglienza nel Pop del tempo – o la voce suadente di Davey Havok – frontman fondatore e riferimento assoluto – ma il peso di un sound più curato ed analitico si fa davvero sentire.
Nono album di studio per gli A Fire Inside, meglio noti, quando le fiamme rimangono soffuse, con l’acronimo AFI: “Burials” è una forma di controtendenza nell’escalation artistica della band californiana. Convinti che per risultare più seriosi e melodicamente imponenti, gli AFI costruiscono tredici brani compattatti dal sigillo dell’elettronica e del potenziamento dei bassi. Più che mai stavolta la presenza di Hunter Burgan si fa sentire, sia in fase di post-produzione, sia grazie ai suoi cori che rappresentano forse l’unica ventata di freschezza in un contesto Alternative valido, ma (volutamente) deprimente. L’aspettativa di apprezzare qualche fiammata vecchio stile all’interno della solida e fumosa base melanconica è più che ovvia, ma la sostanza tetra suscita in sè un discreto interesse anche senza riff illuminanti.
“Burials” – e questa è una certezza – non sarà al livello di “Decemberunderground” (che nell’estate del 2006 raggiunse la vetta della classifica USA), ma la continua evoluzione espressa dagli AFI fa riflettere in positivo, specie considerando le origini suburbane del gruppo. Un altro esempio di maturità, di come la formazione artistica che nasce dal Punk Rock si trasformi gradualmente in un genere totalmente personalizzato, difficile da categorizzare.