Akercocke
Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone

2005, Earache
Death Metal

Un mondo di colori dietro una copertina in bianco e nero
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 15/05/14

Tra tutte le band più sottovalutate e bistrattate del panorama metal del nuovo millennio, gli inglesi Akercocke avrebbero pieno diritto di rivendicare la posizione più alta del podio. Mai veramente “esplosi” neppure nelle collezioni private degli ascoltatori più curiosi (le playlist erano ancora qualcosa di sconosciuto), ben contenti di filtrare la melma dell’estremo dell’epoca per pescarvi qualcosa di valido. Estremamente valido nel caso degli Akercocke.

Una formazione che sin dai primi giorni ha voluto identificarsi con un sound prima e con un’immagine poi molto particolare, foriera di una spocchia a forti tinte sataniche che potrebbe aver decretato sia la grande considerazione della minoranza di ascoltatori fedeli agli albionici, come la progressiva pietra tombale da parte di un pubblico a caccia di musica più facilmente digeribile. Un metal d’elite quello del quartetto perennemente in giacca e cravatta, che scava profondamente nelle radici dell'estremo per riscriverlo secondo regole e commistioni del tutto personali. Il quarto album della band, “Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone”, è certamente (al pari col seguente “Antichrist”) la sublimazione delle intenzioni della band capitanata da Jason Mendonca e David Gray, uno di quei dischi così densi e stratificati che possono avere parmenti un effetto repellente o di dipendenza subliminale, di quelli che anche se non si ascoltano per anni rimangono incredibilmente vividi nella memoria.

Sebbene le classificazioni siano spesso preponderanti ai fini dell’analisi, ancor di più per la band in esame, qualche coordinata sonora va pur data, in quanto “Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone” rimane comunque un album che riesce a coniugare una quantità importantissima di idee a tanta sostanza, tenendosi ben lontano da quelle produzioni tutto cervello ma poco “manico”. Una quantità di colori e sfumature inversamente proporzionale alla copertina bicromatica, poggiante sostanzialmente su due colonne fondamentali, il death (a forti tinte brutal) e il black metal, sopra le quali gli Akercocke allestiscono strutture in cui figurano tutte le sfumature del metal estremo dell’epoca, del gothic, del prog rock, con macchie di psichedelia ed elettronica che cadono un po’ ovunque lungo queste dieci tracce. Una felice ridondanza di elementi che si trasformano in canzoni incredibilmente mutevoli, con cambi di registro, stile e atmosfere continue, riuscendo comunque a mantenere una grande coerenza di fondo oltre a una sorta di struttura intricatissima.

Non solo idee buttate giù a caso, ma brani estremamente rifiniti in cui il quartetto inglese mostra di padroneggiare non solo grande perizia tecnica e gusto, ma di piegare a proprio piacimento tutto l’impianto sonoro dando vita ad atmosfere a volte inquetanti, a volte mistiche, viaggiando tra arabeschi, urla disumane, growl catacombali, screaming taglienti e arie angeliche. Un ascolto sicuramente non facile ma senza dubbio spiazzante, in quanto non si riesce mai a prevedere lo sviluppo dei brani, che potrebbero solleticarvi con dolci rintocchi di pianoforte come colpirvi con la forza di un maglio in piena faccia.

Come avrete capito, un disco molto particolare, fin troppo per l’ascoltatore estremo medio, evidentemente incapace di coglierne tutte le sfumature, la genialità della scrittura e la profondità di quello che esce dai solchi di un disco che avrebbe meritato ben altro seguito e supporto. Piange davvero il cuore ripensare a lavori come “Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone” (e come questo molti altri) praticamente sconosciuti ai nuovi ascoltatori, continuamente bombardati da un mare di banalità strapompata e ben confezionata. Un gioiello prezioso da parte di una band che si è persa nell’oblio (lo scioglimento ufficiale nel 2012 ha posto fine a un silenzio di anni che lasciava poche speranze), ma che rimarrà ancora a lungo negli ascolti di chi ha avuto la fortuna, la pazienza, la lungimiranza di capire cosa gli Akercocke avevano in serbo per noi.



01.Verdelet

02.Seduced

03.Shelter From The Sand

04.Eyes Of Dawn

05.Abadonna, Dying In The Sun

06.Words That Go Unspoken

07.Intractable

08.Seraphs And Silence

09.The Penance

10.Lex Talionis

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