Alcest
Kodama

2016, Prophecy Productions
Blackgaze

Recensione di Marco Migliorelli - Pubblicata in data: 21/10/16

 

 

Cadde la neve. Nostri sono i giorni e noi a questi giorni apparteniamo. Quello degli "Alcest" è un percorso musicale schivo, mai appariscente, che scaturisce da una dimensione poetica ed onirica e nel quale l'affascinante e mellifluo idioma francese viene traghettato nella ruvidità del black metal.

 

Neige dal canto suo ha cura del tempo. Alla sua musica serve quella lentezza che oltre la scansione di un metronomo, sola la neve, fioccando, può dare. Dal 2007 ad oggi, gli Alcest seguono questa lenta verità del tempo, che sottende l'esagitato susseguirsi di uscite popolari, bordate di ego e proclami statuari su come evolvono i percorsi musicali di "grandi" artisti, intrappolati fra politiche da social media e roboanti virate di stile il cui portato epocale va annunciato polemicamente al mondo degli ottentotti, ruvidi, ascoltatori.

 

Parlare di "Kodama", ultima fatica del duo francese, significa abbassare quei toni; alzare il volume. Significa allontanarsi da quei rumori di scena e ascoltando, capire come questo esser schivi e poggiati su una dimensione sottesa del tempo, non voglia dire indifferenza al tempo stesso.
Kodama è un album il cui cammino creativo è già ampiamente avviato quando, nel novembre del 2015, incrocia il dramma di Parigi, falciata dal terrorismo. L'atmosfera di quei giorni ha comunque filtrato gli arrangiamenti del disco ed è confluita spontaneamente in un discorso compositivo che sia nei testi, sia nella musica era già tragicamente sintonizzato su quelle frequenze.

 

Canto di sangue e poesia: J'ai oublié l'aisance/ Des jours écoulées/ Je suis d'ailleurs//Au milieu de mes semblables/ Je vois des monstres/ J'entends des hurlements.

 

Così in "Je suis d'ailleurs", in cui la musica è l'energia che tiene insieme un sentimento di estraneità e il senso di una perduta consonanza con quanto si percepisce ormai distante (irraggiungibile? forse la risposta, "no!", è una possibilità racchiusa nella musica stessa).

 

Lo sfregio della realtà incontra la forza espressiva dell'artista che non si sottomette alla meccanica delle emozioni ma le elabora, le trasfigura. Le doma, portandole a forza nel proprio mondo di poesia e infine sconvolge la certezza della distruzione nel canto completo della creazione artistica di un mondo in cui la Natura è punto di arrivo e insieme, simbioticamente, di partenza.

 

Questa volta però, il mondo onirico-naturale di Alcest, strizza l'occhio a quello di un altro grande visionario: Hayao Miyazaki. Il dio creatore di Laputa, il padre di Conan, l'errante di Howl. Il fondatore dello Studio Ghibli, che da anni e anni proietta l'arte del disegno animato in una dimensione funambolica che esplora, in equilibrio fra il sogno e i "possibili" del reale, le età dell'uomo, senza precludersi alla loro interiorità.

 

I Kodama sono gli spiriti degli alberi, nascosti nelle foreste. Magia e inquietudine li agitano nell'immaginario della cultura giapponese. Neige li ha incontrati in un film di Studio Ghibli che lo pervase di creativa inquietudine: "Principessa Mononoke".

 

Posta in apertura all'album, Kodama è una canzone che ascende per gradi armonici in cui la chitarra, nel riverbero, descrive, come in volo, ampi giri, fino ad un riffing appena più corposo dal settimo minuto.

 

La nota musicalità del cantato pulito di Neige non lascia alcun indizio musicale che faccia presagire un brano come "Eclosion", il cui volto più ruvido arriva a lambire reminiscenze dei "Drudkh" di "Microcosmos"; qui comunque, la dolcezza della preghiera Ne les laisse pas/Me voler mon âme/Ne les laisse pas la ternir sfuma in una rabbiosa rivendicazione dell'esistenza di un anima, nel mondo, che pervade -questa la lezione dell'animismo giapponese -, ogni essere e cosa:
Je veux te montrer qui je suis/ Au delà de mon corps/ Au delà de ma chair/ Te laisser entrevoir/ Mes éctats limpides/ Non humains

 

Tutto si volge, musicalmente, secondo tradizione Alcest ed "Oiseaux de proie", ultimo brano lungo prima della surreale chiusura del disco, è il momento di Winterhalter. Qui il compare di Neige si ritaglia uno spazio più consistente e si rivela batterista capace di adattarsi alle sonorità post-rock, traducendone l'aspetto più ordinato e meno ruvido nel blast beat; al contempo, resta abile nel non annullare mai i passaggi più lenti in un tocco evanescente e soporifero.
Come a dire: scrivere la musica e trovare chi è in grado di farsene interprete.

 

Kodama non porta il nuovo nella musica del duo francese; certo mutano alcuni cromatismi: i colori sbiadiscono in tinte più scure, ma tutto resta a livello percettivo, nell'atmosfera generale del disco più che nella musica stessa.
La sorpresa è a monte: Kodama è tradizione: disco fedele al linguaggio musicale di Alcest così come "Shelter" - afferma Neige in una intervista-, è "a dream-pop, shoegaze record", dopo il quale è riapparso il bisogno di tornare a fare qualcosa di più personale.

 

La novità è nel ritorno. "Untouched", lo dice il titolo, resta lì, come un cenno musicale e insolitamente leggero, al suo predecessore, mentre "Onyx", è quasi una cesura, strumentale, che chiude l'album in una mutezza suggestiva fatta di suoni.

 

Oggi,dopo quasi dieci anni, possiamo affermare, parafrasando l'antichità romana: "Neige fu conquistato dal black metal; ma Alcest sottomise il conquistatore".

 

Senza alcuna maschera, senza manifesti di mutato stile, Neige ha ricondotto umilmente l'esperienza di Shelter ad una schietta passione per sonorità differenti da quanto scritto in precedenza. Differenti sì, ma non per questo avvertite, anche dall'esterno, come estranee, artificiose e soprattutto costruite in antitesi rispetto alla musica degli esordi. In questo contesto, Kodama è l'album del ritorno, che sebbene non presenti un vero rinnovamento del loro sound, trae forza dall'autenticità delle immagini di cui si nutre e da una forte e profonda identità musicale.





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