Lo stavamo un po' aspettando al varco Alia (al secolo Alessandro Curcio, già leader dei Quartocapitolo), dopo la pubblicazione di un notevole EP che ci aveva messo in interessata attesa per il primo full lenght di questo progetto solista. "Asteroidi" innesta nel titolo sideree metafore e riprende quell'intellettualismo (vero, non posticcio e sbilenco come in tanti altri casi di cantautorato nostrano) che s'era già fatto vedere in "Ària", e che qui riaffiora più e più volte, legando con grazia particolarità lessicali alla Battiato con pregiate delicatezze vocali (facili accostamenti al tremulo Concato, ma guardando indietro c'è anche qualche giochetto di voce simile al purtroppo dimenticato Sorrenti simil-celtico dei primi '70), con austerità da evanescente synth-pop wave e molli arpeggi elettrici da road song (la più movimentata "Cats", con l'ottima comparsa al microfono di Raffaella Destefano).
Elementi che mettono in chiara luce la curatissima natura di un esordio che rimane comunque intimo, che non si perde nell'accidentato terreno della metafora fine a se stessa, tenendosi legato al concreto, all'autobiografico, al quotidiano. E' un'equilibrata mistura di sentimenti pregustati con la paura di viverli, assaporati con l'amarezza di poteri perdere; tenere insicurezze, meste sconfitte ("resto a guardare per non rovinare il finale" o piuttosto "stringi il tuo bouquet, tu vorresti lanciarlo a me, e non vedermi più"). L'animo non si scompone, la voce non urla: e mentre lo sguardo di Alia sulla vita resta sempre interessato ma riesce parzialmente a distaccarsi -trovando conforto nelle cose piccole e nei giochi d'infanzia, sui balconi, rintracciando un saldo appoggio per le sfibranti sfiducie di un'intera vita nella ferma solidità degli oggetti che ci circondano- ci si trova avvinti da un quieto canzoniere di semplici emozioni, in cui è facile immedesimarsi, e ancor più immediato perdersi.