The Flaming Lips
American Head

2020, Warner Music
Alternative/Psychedelic Rock

Un roadtrip nel cuore narcotico e dolente d'America: è dove ci conducono gli allucinati e sublimi Flaming Lips.
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 18/12/20

Wayne Coyne, carismatico leader e mente creativa di The Flaming Lips, ammise anni fa in un'intervista che la fondamentale fonte ispirativa per l'universo musicale della sua band sono le paure, anzi, i terrori che affollano la sua e la nostra mente. Parliamo di un distinto signore che, durante i live, ama esibirsi all'interno di una sfera di plastica che ruota al suo passo, circondato da giganteschi pupazzi semoventi, coriandoli e luci abbacinanti: uno stupefancente modo da lui escogitato per esorcizzare proprio quelle paure, trasmutandole alchemicamente in musica sublime. Sono questi i versanti esplorati negli ultimi vent'anni dalla band, con esiti spesso spiazzanti, ma sempre degni di un combo che non teme di avventurarsi su pendii vertiginosi. Quando mettono a dura prova l'ascoltatore con dischi accuminati e di difficile collocazione come "The Terror"(2013), oppure quando lo blandiscono con album crepuscolari e sognanti come "At War With The Mystics" (2006) o lo ipnotizzano, immergendolo in un sontuoso trip elettronico ("Oczy Mlody", 2017); oppure quando, con lo zampino di Henri Rollins e di altri amici, lo provocano con una rilettura insolente e deragliata del classico "The Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd (2009). Insomma, quando pubblicano qualcosa di nuovo non si sa mai precisamente cosa aspettarsi da The Flaming Lips.

 

"American Head" prosegue ed approfondisce l'ispirazione melodica e lunare espressa nel precedente "King's Mouth" (2019) e forse proprio la rapidità con la quale questa volta la band ha lavorato è testimone di una felice urgenza creativa, di idee afferrate al momento giusto e fatte musica. E che musica. Si può dire che questa volta i ragazzi di Oklahoma City abbiano davvero superato se stessi. Tredici tracce che si snodano come tante tappe di un roadmovie girato nel cuore allucinato e dolente dell'America profonda, il documentario di una nevrosi sempre in via di definizione e mai del tutto afferrabile, guaribile. Un album sospeso, come quelli dei migliori Radiohead, tra rock ed elettronica ma anche tra inquietudine e blandizie.

 

Perfetta la produzione collaudata di Dave Fridmann e della stessa band, che da sempre cura con attenzione il lavoro dietro la console. Una produzione che valorizza entrambi i versanti della sofisticata proposta musicale dell'act: da un lato il fremito elettrico, il sudore; dall'altro i campioni, gli effetti, l'ambiente sonoro. Perché The Flaming Lips sono una band capace davvero - sia che giochino con stilemi psichedelici ("Will You Return/When You Come Down", "Flowers Of Neptune 6"), che si mascherino da indie ("Dinosaurs On The Mountain"); sia che flirtino con l'hip hop ("God And The Policeman") o che estenuino il relitto di una delicata ballad di sapore floydiano ("Brother Eye", "My Religion Is You") - di attraversare generi e stili mantenendo il proprio segno distintivo. Una di quelle band per cui ci auguriamo davvero con tutto il cuore al più presto di tornare a fare concerti: si è scritto dei loro che non ha senso aver vissuto senza avervi partecipato almeno una volta (Q Magazine, 2002). Per cui, incrociamo le dita. Questo album, non certo un ritorno alle origini, è al contrario il punto di arrivo di una ricerca sonora ventennale, sempre sospesa tra paura e desiderio. Gran disco, davvero. Da ascoltare e ascoltare.





01. Will You Return/When You Come Down
02. Watching The Lightbugs Glow
03. Flowers Of Neptune 6
04. Dinosaurs On The Mountain
05. At The Movies On Quaaludes
06. Mother I've Taken The LSD
07. Brother Eye
08. You'n'Me Sellin' Weed
09. Mother Please Don't Be Sad
10. When We Die When We're High
11. Assassins Of Youth
12. God And Policeman
13. My Religion Is You

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