Il singolo uscito a inizio del 2017 "Wrecking Crew" (scritto da Nilsen e Mårtensson) è approdato sulle classifiche norvegesi, portando il pezzo addirittura alla finale dell'Eurovision norvegese. Potete ascoltare la versione integrale e originale della canzone in questo album, prodotto e mixato dallo stesso Mårtensson.
Le sonorità del presente lavoro ricordano in tutto e per tutto quelle degli Eclipse... forse un po' troppo. Undici tracks che si srotolano quasi senza picchi di emozione, con testi non particolarmente ispirati e alcuni riferimenti neanche troppo celati a melodie già sentite. L'opening track parte col botto, con la voce di Nilsen che spinge in tutta la sua rispettabile estensione ma, nonostante il riff carino, non risulta indimenticabile. "Freedom Fighter" convoglia alcuni gradevoli dettagli che intrigano, come l'accompagnamento per tutto l'intro del battito di mani, ma poi si arrampica su una melodia che non colpisce e che suona più come un semplice coro da stadio. "Virtual Reality Boy" è il classicone hard rock, dritto come una spada, molto scandinavo e totalmente privo di groove. Segue "Gung Ho" e finalmente una sensualità ingombrante attraversa l'aria: voce, groove, una bellissima apertura sul ritornello, sebbene i suoni appaiano un tantino super prodotti il mood è interessante e la struttura del pezzo è meno basica. "Eye for an Eye" è un momento semi soft che però lascia perplessi: il pezzo è molto orecchiabile, quasi familiare, molto in stile Coldplay, quindi sicuramente radiofonico e di facile digestione. "Tear Your City Down" ha dei suoni poco naturali (soprattutto le parti di batteria) che mal si fondono con le parti cantate che sono molto espressive. "Caveman" ha un impatto decisamente diverso, con quel sound alla Eclipse, molto pomposo e imponente e un prepotente giro di basso. Ed eccoci a "Wrecking Crew", che rispetto al resto dell'album sembra il pezzo più "costruito" e curato, con un bel riff di chitarra e una struttura vincente, facilmente assimilabile.
Poteva mancare la ballad? "Miss Summertime" è un pezzo piacevole e arioso, ben "raccontato" dalla voce e dalle lyrics, con qualche accenno blues qua e là. Chiudono il disco "Bad Bones" e "Klondike", il primo con qualche virtuosismo alle sei corde che non spettina ma allieta e l'ultimo con - di nuovo- il battito di mani che accompagna la strofa e culmina in un coro a deucento voci. Un disco che avrebbe potuto sicuramente regalarci di più, per quanto ben suonato e cantato in maniera impeccabile. Solo un po' freddo e un po' poco solido, soprattutto se pensiamo a cosa sia capace Mårtensson come autore in altri contesti.