Si potrebbe sintetizzare in questa maniera il primo lavoro della band tedesca And Then She Came che porta lo stesso nome del gruppo.
Che le basi ci siano è fuori di dubbio: la cantante Ji-in Cho ha un'estensione vocale di notevole fattura, i riff della chitarra di Olli Singer, in alcuni tratti, sono da applausi a scena aperta, il basso di Frank Stumvoll risuona potente in alcune tracce dell'album mentre in altre accompagna senza strafare e la batteria di S.C. Kuschnerus chiude il cerchio con pregevoli scale sonore e colpi di rullante e gran cassa davvero di ottimo livello.
Eppure....
Eppure qualcosa non quadra alla perfezione, come se il teutonico gruppo fosse ancora alla ricerca della vera identità.
Le collaborazioni sono degne di nota - la voce di Alissa White-Gluz degli Arch Enemy presente nella open track Five Billion Lies e la chitarra di Jen Majura degli Evanescence in Spit It Out - e la produzione di Dirk Rudolph - Rammstein, Scorpions tra gli altri - miscelano sapientemente il sound degli And Then She Came.
Tutto questo però non basta a far fare il salto di qualità ad un album che si attesta su livelli leggermente sopra la media.
Si passa repentinamente da tracce da ascoltare con l'adrenalina impazzita nel corpo a ballad stile 30 Seconds To Mars che stona con quanto ascoltato fino ad un minuto prima.
Ci sono però spunti dai quali ripartire. Brani come la già citata Five Billions Lies, Helfire Halo e la traccia conclusiva Where Do We Go From Here sono basi sulle quali costruire un futuro fatto di più metal e un po' meno di brani troppo commerciali e sottotono.
Voglio però essere come i docenti buoni e comprensivi. Promossi ma con riserva, aspettando già con impazienza il secondo lavoro degli And Then She Came, sperando che traggano più ispirazione possibile dal vasto mondo del krautrock perché in Germania, quando vogliono, sanno tirare fuori materiale davvero memorabile.