Angels or Kings
Go Ask The Moon

2016, AOR Heaven
AOR

Recensione di Marilena Ferranti - Pubblicata in data: 28/10/16

Fans degli FM, dei Survivor, dei Foreigner... sintonizzatevi.


Formati a Manchester alla fine degli anni '80, e ben noti sulla scena AOR del Regno Unito dell'epoca, gli Angels or Kings registrarono diversi demo, facendosi le ossa come supporto a Dare e Danger Danger senza mai riuscire ad ottenere l'agognato contratto discografico nonostante l'interesse dimostrato da diverse etichette. L'avventura sembrava essersi conclusa prima del tempo anche a causa di un contesto musicalmente compromesso da una prepotente fase evolutiva... senonchè, un bel giorno, tre dei membri originali scommisero sul loro istinto, decisi a ricostruire quel vecchio sogno andato in frantumi. Fu così che nel 2011, reclutato un nuovo cantante, i tre ripresero a scrivere canzoni per quello che sarebbe diventato il loro album di debutto. Assemblato in un paio di anni, "Kings of Nowhere" ottenne l'attenzione delle emittenti radiofoniche, venne insignito del titolo di "album of the year" da AOR Underground, e si guadagnò sia l'opportunità di aprire il Firefest 2014 che un'apparizione all'HRH AOR festival nel 2015. (Per i curiosi segnaliamo la loro presenza nel bill del Rockingham 2016 a fine mese insieme a Steelheart, Trixter, The Defiants, From the fire e molti altri).

 

Forte di questo successo, oggi la band torna con un secondo album intitolato "Go Ask The Moon", con undici pezzi prodotti da Steve Kenny tra Shabby Road e i Mad Hat Studio a Wolverhampton. (Mixaggio e mastering a cura di Sheena Sear e Mark Stuart, entrambi ben noti per il loro lavoro con la band Magnum). Dopo il primo clamoroso successo, festosamente acclamato dalla critica, questa seconda release sembra uscire indenne dal rischio di "sindrome del secondo album", e la band si conferma un piacevole e consigliatissimo ascolto per gli amanti del genere. Oltre alla sua affascinante atmosfera anni '80 - l'uso di tastiere melodiche crea un'inconfondibile vibrazione - la notevole performance vocale di Baz Jackson evoca echi di Lou Gramm a James Christian. E come non citare i fautori del sound di gran classe della band, i chitarristi Tony Campana e Steve Kenny, che si combinano con un gusto ammirevole in un connubio elegante con le tastiere?

 

Assolutamente degne di nota 'Waiting For The Thunder' che rende impossibile non ondeggiare la testa a tempo e canticchiarne il ritornello; la struggente 'Heartbreak Railroad Company', che incanta per le splendide armonie nei cori, e l'opening track 'No More Faith To Lose' che vanta un'ottima e solidissima scrittura, un riff assassino e una raffinatezza d'altri tempi nell'ugola di Jackson. 'No Alibi' ci catapulta indietro nel tempo, con quello stile tanto amato dai fans degli FM, così classico e potente. Ma è quando attacca 'The Nights Don't Count' che tutta la poesia nelle corde vocali di questo frontman viene in superficie. Insomma, fa riflettere come soltanto una serie di sfortunati eventi abbia impedito alla band di decollare sul finire degli anni '80, vedendo svanire i sogni di gloria ancor prima di cominciare. Evidentemente valeva la pena aspettarli in questo millennio, sperando in un fortunatissimo futuro, chissà che "chiedendo alla luna" il desiderio si avveri...





01. No more Faith To Lose
02. Ancient Fires
03. No Alibi
04. The Night's
05. When the Heart Is Wrong
06. You Better Pray
07. Breathe
08. Waiting For The Thunder
09. On The Corner Of Love And Lost
10. Heartbreak Railroad Company
11. Go Ask The Moon

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