Anneke van Giersbergen
Drive

2013, InsideOut Music
Pop Rock

Recensione di Nicolò Rizzo - Pubblicata in data: 05/10/13

Quando un album non ti lascia nulla da dire, la cosa può intendersi in due modi: talmente bello da mozzare il fiato oppure brutto a tal punto da causare un colpo apoplettico. Il caso di Anneke van Griesbergen ci offre però una terza (e forse peggiore) possibilità: l'indifferenza. Sebbene la sua carriera dopo i The Gathering non sia stata troppo convincente, il suo primo lavoro solista effettivo "Everything Is Changing" aveva in effetti lasciato intuire un cambiamento già preannunciato dal titolo, presentandosi con un album vario e dimostrando il talento di Anneke nel passare abilmente dal metal al pop, flirtando con sonorità trip-hop, sempre con una certa coerenza. Insomma, "Everything Is Changing", con il suo programmatico gerundio, aveva lasciato intuire che qualcosa stesse realmente mutando, creando grande aspettative per il full-length successivo, che in effetti non tarda ad arrivare: ad appena un anno di distanza, eccola tornare con "Drive", nuova raccolta di inediti.

Se dobbiamo sottolineare gli aspetti positivi, si può apprezzare un parziale ritorno (ma proprio parziale) alle sonorità dei The Gathering, in particolare nell'intermezzo strumentale di "Treat Me Like a Lady" e nel finale della title track "Drive", che però non consente di definire il nuovo album di Anneke un bel lavoro: come si può intuire già dal poco convincente (ma grintoso) attacco di "We Live On", la bella voce (ma non solo) dei Gathering ha deciso di indirizzare il cambiamento preannunciato dal disco precendente verso sonorità più "solari", aperte e orecchiabili, lasciando grande spazio a pezzi pop che non esiterei ad attribuire ad Alanis Morissette (vedi "My Mother Said") e a pezzi rock/punk che (a mio parere) ricordano da vicino "In The Shadow" dei The Rasmus (a proposito, qualcuno sa che fine hanno fatto?), come ad esempio la già citata "We Live On". Non mancano di certo dei bei pezzi che scacciano un po' di nostalgia delle sonorità dei lavori precendenti, come ad esempio "Mental Jungle", a mio parere il brano migliore contenuto nel disco, in cui la voce lamentosa di Anneke apre a un pezzo graffiante e coraggioso. Ma si sa, purtroppo non basta un brano per fare un album: un bell'album, per essere tale, dev'essere come un bel libro, qualcosa che scorre fluido e omogeneo fino alla fine pur nella sua varità, legando l'ascoltatore ai propri auricolari per mesi o più, portandolo a far l'amore con lo stereo e a dissanguarsi per comprare tutte le edizioni di un disco senza dubbio importante. Insomma, un bel disco è tale quando ti accorgi che davanti agli occhi, o meglio, nelle tue orecchie, sta passando qualcosa di "strorico", che può fare la differenza. L'album di Anneke, purtroppo, è a miglia di distanza dal trasmettere questa sensazione.

Deludendo le aspettative, Anneke van Giersbergen ci regala un ibrido metal/pop che non è né carne né pesce, una doccia di ignavia che non lascia nulla, se non un retrogusto amarognolo in bocca. Tuttavia, fiduciosi del suo talento già ampiamente dimostrato, attendiamo con ansia un ennesimo cambiamento futuro, sperando che l'auspicio che dà il titolo all'ultimo pezzo dell'album, "The Best Is Yet to Come", si trasformi in verità.



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