“Sweet Dreams Are Made Of This”. Saranno anche passati trentuno anni da quando Annie Lennox ed il suo compagno negli Eurythmics Dave Stewart hanno donato al mondo questa hit, ma in tutto questo tempo la dotata cantante inglese non ha mai smesso di sognare. Non ha mai smesso di sognare un mondo migliore per le donne, dove vi sia maggiore consapevolezza ed aiuti per i soggetti più a rischio di HIV/AIDS, ed il suo impegno personale a sostegno di tali cause occupa un’ampia fetta della sua vita attuale, ed il numero esiguo di album da solista realizzati in ventidue anni (solamente sei) fa ben comprendere quali siano le sue priorità. Ma la Lennox non ha mai smesso di sognare neppure la sua musica o quella che l’ha formata quando era una ragazza. E da questo amore per i classici intramontabili del passato è nato il suo nuovo disco, “Nostalgia”.
Rileggere canzoni di altri autori, soprattutto quando queste sono dei capolavori che hanno superato lo scrutinio del tempo e sono già state oggetto di rivisitazione da parte di altri musicisti, non è mai facile. Realizzare un album composto solamente da cover è impresa ancora più pericolosa. La Lennox questo lo sa bene, visto che con “Medusa” (1992) e con “A Christmas Cornucopia” (2010) aveva già esplorato il mondo degli omaggi ad altri autori, e lo fa con la sua solita infinita classe e bravura. Innanzitutto evitando una semplice opera di omaggio/fotocopia (è alquanto lodevole il non voler mettersi in gara con i cantanti originali semplicemente riproponendo le loro versioni), ed andando a riscrivere ogni singolo brano, privandolo di qualsiasi fronzolo, cercando così di raggiungere l’anima più vera alla base di ogni composizione, e facendo della propria voce l’elemento portante. La cantante di Aberdeen dispone ancora oggi di una voce estremamente potente ed incredibilmente carismatica, e sembra quasi di trovarsi ancora negli anni ’80. Quello che invece è cambiato è il tipo di musica proposta. Abbandonata la new wave ed il sinthpop, i modelli ai quali la Lennox ha guardato per “Nostalgia” sono molto più elevati: Hoagy Carmichael (“Memphis In June”, “Georgia On My Mind” e “The Nearness Of You”), Screamin' Jay Hawkins (“I Put A Spell On You”) George Gershwin (“Summertime”), Johnny Green e Edward Heyman (“I Cover The Waterfront”), Abel Meeropol (“Strange Fruit”, anche se il modello di riferimento principale è la versione del 1939 ad opera di Billie Holiday), Billie Holiday (“God Bless The Child”), Joe Stafford (“You Belong To Me”), James Melton (“September In The Rain”), Sammy Fain e Irving Kahal (“I Can Dream, Can't I?”), Duke Ellington (“Mood Indigo”). Il risultato è sempre eccellente e la rilettura mostra ampiamente il tocco personale della cantante seppur condito da un’atmosfera che cerca di rifarsi all’originale. Anche la scelta di dosare l’utilizzo della propria voce permette un approccio ai singoli brani estremamente diversificato, ricco di sfumature.
“Nostalgia” in verità appare più un sentito omaggio da parte di Annie Lennox ai suoi “maestri” che non un vero e proprio nuovo capitolo nella sua carriera musicale, seppure il piacere di poterla sentire alle prese con ambiti e stili così diversificati sia notevole. Per quanto di pregio, va visto semplicemente come un piacevole diversivo in attesa di una nuova opera originale.