Kriegsmaschine
Apocalypticists

2018, No Solace
Black Metal

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 04/11/18

"The herald of doom comes without fanfare"
 
 
Behemoth, Blaze Of Perdition, Culte Des Ghoules Morda'A'Stigmata: la Polonia si erge a territorio fecondo in ambito black metal e sembra mostrare una continua crescita qualitativa. Ai gruppi succitati occorre aggiungere gli eccezionali Mgła e il loro progetto parallelo a nome Kriegsmaschine: dopo due prove di ottimo livello, "Apocalypticists" segna un'ulteriore tappa nel processo di acquisizione di un'identità ben definita e originale, all'insegna del motto "no more tremolo picking, no more life".
 
 
L'abbandono di Destroyer, infatti, permette ai nostri di assottigliare il taglio furente dei lavori precedenti, operando una significativa ricalibrazione del sound: la scelta di realizzare un compromesso tra le esplosioni dissonanti tipiche dei gruppi della scuderia Norma Evangelium Diaboli e la malinconia sospesa di "Exercise In Futility" (2015), si rivela indovinata e affascinante. Cadenze mid-tempo di ossessiva regolarità, brevi volute dinamitarde, un paio di riff per brano reiterati all'infinito, largo spazio alle variazioni creative della batteria, linee vocali comprensibili e semirecitate, testi contraddistinti da frasi concise e paratattiche: una costruzione scarna, che preferisce concentrarsi sulla diffusione di un messaggio invece che aggredire e brutalizzare. L'obiettivo infatti non risiede nel plasmare un'atmosfera irrespirabile e intrisa di violenza, bensì nel dare del tu all'ascoltatore, recando quasi l'impronta di un BM confidenziale e comunicativo, adatto a inoculare nelle vene, con sardonica perversione, abbondanti dosi di nichilismo. Non si fa fatica a immaginare M. e Darkside assisi su un mucchietto d'ossa intenti a osservare, con disarmante lucidità e rassegnazione, l'esiziale carbonizzazione del genere umano e, soprattutto, lo sgretolamento della propria personalità inghiottita dal nulla perpetuo.
 
 
Il Nietzsche più irrazionale, il concetto spengleriano del mundus senescit e le correnti dell'escatologismo meno consolatorie costituiscono l'humus filosofico del lotto: laddove l'anticristianesimo teoretico di "Altered State Of Divinity" (2005) e l'impossibilità di una reale redenzione finale sbandierata in "Enemy Of Man" (2014) suggerivano, in limine, una rabbia che lasciava presagire infinitesimali granelli di speranza, è l'assenza di una prospettiva soteriologica a caratterizzare la riflessione speculativa della nuova release. Una visione evidente sin dall'opener "Residual Blight", nella quale domina la fredda constatazione che pensieri, movimenti, ideali e desideri nascono già morti: dietro le malie di un groove suadente e persuasivo, l'indifferenza e l'annientamento abbattono finanche qualsiasi lusinga depressiva. In "The Pallid Scourge", poi, aspergersi del sangue infetto del Crocifisso non serve a rigenerare una materia devastata dalla peste e dalla cancrena: la consunzione, il marasmo, appaiono gli unici momenti di quiete prima della catastrofe. 
 
 
E mentre le "fractured truths" di "Lost In Liminal" e la costellazione dei buchi neri presente nella title track chiamano in causa la terribile epifania del Da-sein, tocca a "The Other Death" tramortire definitivamente lo spirito: l'anima, pietrificata in un mostruoso satori, viene attratta dal noumeno, dall'inconoscibile, ma il suo destino troverà effettivo compimento nel regno di Sheol, l'oltretomba ebraico, ricettacolo dell'eterno silenzio, un luogo lontano dalla luce come dalla dannazione. Un pezzo ricco di disparati riferimenti religiosi e psicoanalitici e in cui il termine russo/ortodosso prelest ne costituisce la chiave interpretativa: la delusione di sé stessi conduce alla perdita degli oggetti interni, risultando la responsabile principale dell'agonia esistenziale, quella che precorre e supera il dissolvimento fisico. La conclusiva "On The Essence Of Transformation" mostra la natura vacua delle illusioni giovanili e ribadisce che il vero mutamento dimora nell'accettazione dell'ineluttabile: il seme sterile della decadenza genera fiori vizzi.
 
 
"Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris": in un disco che si nutre di rovine, basta una nota dei Kriegsmaschine per ridurci in cenere.

 

 





01. Residual Blight
02. The Pallid Scourge
03. Lost In Liminal
04. Apocalypticists
05. The Other Death
06. On The Essence Of Transformation

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool