Il riffing, avvolto da un muro sinfonico di sintetizzatori e avvitato su una sezione ritmica mai troppo offensiva, poggia su un fraseggio piuttosto lineare, teso a evidenziare la notevole gamma vocale della singer sarda, sempre ricca di emotività e atmosfera. Un assolo di chitarra occasionale emerge qua e là, all'interno di canzoni quali "Truths" e "Last Place on Earth", mentre spesso a farla da padrone sono i beat e il groove di "Catabolic" e "Design". Eppure, tocca a quel pathos da rosa sanguinante che sembra unire in un solo abbraccio, e senza troppi languori, Lacrimas Profundere e Depeche Mode, vestire i panni dell'imperatore, specialmente quando risuonano le note ottantiane dell'opener strumentale "What Else Is There" o si aggirano gli spettri brumosi e infelici di "The Mist". Le percussioni in primo piano di "Therefore I Am" rappresentano, in questo contesto, una cortese eccezione.
Il debutto degli Ardours, dunque, si rivela un interessante crossover di generi che, però, oltre a perdere talvolta l'equilibrio, formicola di soluzioni già note in abbondanza. In ogni caso, i palati dediti al crepuscolarismo brioso non resteranno delusi.