11 Paranoias
Asterismal

2019, Ritual Productions
Sludge/Doom Metal

Con "Asterismal", i britannici 11 Paranoias siglano - tra alti e bassi - il quinto full lenght all'insegna dello sludge, del doom e della psichedelia più deragliata.
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 16/03/19

In astronomia, l'asterismo è qualsiasi configurazione geometrica le stelle assumano al nostro occhio.
Le costellazioni, in effetti, non esistono "realmente": sono solo il prodotto del nostro punto di vista e dell'innata tendenza umana a organizzare il caos in sistemi ordinati. Un po’ quello che fanno i britannici 11 Paranoias con "Asterismal", in cui tentano di dare ordine e forma al magma musicale da loro prodotto. Un prodotto davvero sorprendente, che mescola da diversi anni (e da quattro dischi) ingredienti che altrimenti faticheremmo ad immaginare fusi assieme: il noise-sludge oggi così in voga, lo stoner-doom e la psichedelia. Gli 11 Paranoias puntano non a effetti intensivi - come nel death, nel thrash, nel punk e nel grind - ma lavorano l'ascoltatore sulla distanza, estensivamente: la forza del loro songwriting emerge ad ascolto prolungato, come nel classic doom. Non è musica per tutti i palati, senza dubbio, ed è difficile trovare punti di riferimento o modelli tra le band del passato. Quella che forse gli si avvicina di più è la parabola dei Neurosis, dall'hardcore acido degli esordi all'originalissimo postcore degli ultimi lavori.


Al di là di pochi riferimenti, perciò, la proposta degli 11 Paranoias ci sembra assai originale, e in tale originalità sta la sua forza. I brani dispiegano oscure fantasmagorie psichedeliche, in un naufragio sonoro condotto soprattutto dalle chitarre, con le voci - ora urlate, ora sussurrate - sature d'eco e lontane, nascoste dietro l'imperiosità della sezione ritmica. Il difetto più rilevato di "Asterismal" - ma forse ancor più nei lavori precedenti - è, a nostro sentire, una certa ripetitività che in diversi momenti appesantisce inutilmente l'ascolto, toglie incisività all'insieme e, alla lunga, rischia di stancare. Peccato, perché le idee ci sono; manca forse ancora alla band la capacità di giocare in modo efficace con le dinamiche. Siamo persuasi - sin dal loro nome - che è nelle loro intenzioni stordirci con ossessionanti litanie, ma non sta scritto da nessuna parte che ossessione significhi per forza ripetizione a oltranza. Sospendiamo in parte il giudizio, in attesa di poter sentire la band dal vivo.


Nondimeno, i brani di valore non mancano, ma occorre ammettere che la formula riesce laddove non è spinta oltre ogni limite, mettendo a dura prova la pazienza dell'ascoltatore: ottime le brevi ed incisive "Bloodless Crush", l'allucinata "Chamber Of Stars" e "Vitrified Galaxy"; poco brillanti "Loss Portal"e "Slow Moon"; estenuante la torrenziale "Quantitative Immortalities". Molto bene sperimentare, insomma, ma molto meno bene premere sul pedale dell'ossessività oltre i limiti del giusto e del gusto. Ciò detto, meritano certamente di essere ascoltati. 





1. Loss Portal
2. Bloodless Crush
3. Vitrified Galaxy
4. Prelude
5. Slow Moon
6. Quantitative Immortalities
7. Chamber Of Stars
8. Acoustic Mirror

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