Le nuove tracce "Force Of Hand", "Clearing Skies", la title track e "Neutrality" sono già classici della band e dal vivo non sfigureranno di fianco alle storiche "Punish My Heaven", "The Wonders At Your Feet" e nemmeno rispetto alle più recenti "Misery's Crown" e "The New Build". Nonostante vi siano brani meno riusciti come le conclusive "Merciless Fate" e "Caves And Embers", tutte le canzoni sono impregnate da fraseggi e armonie crepuscolari costantemente innestati su una sfaccettata paletta di colori vividi nella loro opacità.
Quello che però impedisce al disco di posizionarsi ai vertici assoluti dell'intero genere è una certa ripetitività della forma canzone a livello di struttura e di modus operandi. Se questa caratteristica fosse stata smussata, avremmo oggi tra le mani sicuramente un valido concorrente alla magia di "The Gallery", all'atmosfera di "Fiction" e all'estrosità di "Projector". Nonostante questo, il disco si assesta su livelli egregi (tenendo ben presente anche l'assenza di Martin Henriksson, da sempre uno dei principali compositori) a causa di un nutrito lotto di pezzi riusciti, a melodie e arrangiamenti curatissimi e a una produzione al top.
I suoni sono finalmente più definiti rispetto a quelli più slavati del predecessore, e il missaggio a opera di David Castillo rende giustizia alla perizia che i nostri hanno dimostrato in fase di registrazione e produzione. Le chitarre sono potenti ma organiche e il basso, dotato del giusto corpo ma leggermente graffiato, ben si sposa con la batteria moderna di Jivarp grazie alla performance del nuovo entrato Anders Iwers dietro il quattro corde. Gli inserti elettronici e le chitarre pulite sono cristallini, in contrasto con le asce ritmiche che rimangono sempre intellegibili (effetto positivo dato da un minor numero di tracce registrate) e la voce roca di Mikael Stanne, completando così una immagine di bellezza sonica assolutamente nordica.
A concludere il quadro, e questa disamina, troviamo uno splendido artwork realizzato dal chitarrista Niklas Sundin che evoca alla perfezione - in modo astratto - gli scenari sonici del disco: colori sognanti, quasi pastello, distesi su una figura apparentemente disarmonica e sprovvista di grazia naturale, ma che trova bellezza soprattutto grazie ai suoi contorni neri e marcati. Questa è la metafora grafica che tratteggia l'architettura emozionale, armonica e melodica di "Atoma".