2013, Inside Out Music
Prog Rock
Un anno e mezzo di lavoro, la solita lunghezza titanica, due dischi per un’ora e mezza di musica, “The Theory of Everything” è finalmente nelle nostre mani foriero di alcune novità non da poco. Per prima cosa va sottolineato il nuovo filone narrativo scelto da Arjen per questa nuova fase degli Ayreon. Archiviata la saga sci-fi, giunta a conclusione con “01011001”, il nostro ha deciso di affrontare un tema più reale, benchè difficilmente tangibile, ovvero la Teoria del Tutto. Il concetto che cerca di riunire l’infinitamente grande, l’Universo e tutto quello che ne concerne, e l’infinitamente piccolo, ovvero particelle subatomiche e meccanica quantistica, proprio come lo stesso Arjen ci ha dichiarato in sede di intervista (a cui vi rimandiamo per scoprire anche l’ispirazione per questo nuovo concept). Altro elemento di curiosità e novità è la line-up di ospiti chiamati a dar voce e musica ai personaggi del nuovo concept, come sempre con la formula “una voce-un personaggio”, con alcune new entry nel mondo Ayreon come, perdonate un pizzico di sciovinismo, le nostre Cristina Scabbia (Lacuna Coil) e Sara Squadrani (Ancient Bards), oltre a musicisti di livello assoluto come John Wetton (King Crimson, Asia), Marco Hietala (Nightwish, Tarot), Keith Emerson (ex-Emerson, Lake & Palmer), Jordan Rudess (Dream Theater), Steve Hackett (ex-Genesis) e tanti altri che vi suggeriamo di cercarvi su wikipedia, altrimenti la lista sarebbe davvero noisa, benchè in numero leggermente inferiore rispetto ad altri album targati Ayreon.
Tutto questo pistolotto ma non abbiamo ancora detto una parola su come sia “The Theory of Everything”. Un buon album, a tratti un buonissimo album, ma che al netto di tanti e tanti ascolti non riusciamo a porre sullo stesso livello dei migliori lavori dell’olandese. La parola chiave sta appunto in quel “tratti” usato poc’anzi. Musicalmente non abbiamo nulla che non sia già stato ascoltato in tutti questi anni di Ayreon, le partiture sono sempre articolate, il prog rock di Arjen mira sempre alla ricerca melodica senza scivolare mai nel puro tecnicismo, la vena folk è sempre ben percepibile, eppure è come se mancassa qualcosa. Non ci riferiamo alla parte più strettamente metal della musica dell’olandese, di cui qui non vi è effettivamente traccia, ma quella magia nel saper letteralmente trasportare l’ascoltatore per minuti e minuti quasi senza accorgersene. La causa di tutto questo, a nostro giudizio, potrebbe risalire (anche) alla struttura che il nostro ha voluto dare a “The Theory of Everything”, un doppio album composto da quattro brani di venti minuti l’uno circa, a loro volta suddivisi, e qui “casca l’asino”, in tanti piccoli mini brani/movimenti che non permettono di seguire l’opera nel migliore dei modi.
Praticamente tutte le gandi suite vengono inizialmente concepite come parti “slegate”, sapientemente cesellate poi da astuti volponi per creare proprio quella sensazione di insieme che rende grandi questo tipo di composizioni. Lucassen a questa tornata non sembra aver sempre trovato il giusto collante tra un pezzo e l’altro, con l’effetto di disorientare leggermente l’ascoltatore, si fa appena in tempo a entrare mentalmente nel brano che subito, nel giro di due/tre minuti (non si arriva mai a quattro), si passa a quello successivo. Quando la coerenza è totale non ci sono problemi, il punto è che più volte questi salti appaiono troppo decisi e rapidi, probabilmente dettati da esigenze legate al testo, non siamo tenuti a saperlo, ma rimane comunque un piccolo grande scivolone che da un artista così dotato e maniacale come Lucassen non ci saremmo aspettati. Un effetto “spezzatino” che viene amplificato dal tono dell’intero album, molto pacato e riflessivo, senza veri e propri brani in grado di trascinare immediatamente e quindi da fungere da collante più vigoroso tra le parti.
Tutto questo per spiegare quel “tratti” usato poche righe in alto. Non si può dire infatti che in “The Theory of Everything” manchino spunti di grande classe, ottime melodie, accelerazioni e delicate pause di riflessione, ma è come se il tutto fosse stato declinato in maniera “minore” o per usare un termine meno penalizzante, più semplice. Basti pensare alla linearità delle parti vocali, ben lontane dalle armonizzazioni a più voci dei capitoli più riusciti, come anche le parti strettamente strumentali, di grande effetto ma non travolgenti emotivamente. Difficile comunque parlare di errori e pecche particolari, perchè comunque il prodotto è decisamente valido e manco a dirlo oltre la media di quello che si ascolta ogni giorno, ma ai grandi come Lucassen spettano sia grandi lodi che grandi critiche, arrivando per questo a spaccare il capello in quattro anche quando non necessario. Noi per dovizia di pignoleria siamo stati costretti a farlo, ma vi assicuriamo che una volta seduti sulla vostra poltrona, con un buon paio di cuffie (o un buon impianto, meglio ancora) e tanta pazienza, “The Theory of Everything” saprà ripagarvi come solo il maestro Arjen Anthony Lucassen sa fare.
CD 1
1. Phase I: Singularity
I. Prologue: The Blackboard
II. The Theory of Everything Part 1
III. Patterns
IV. The Prodigy's World
V. The Teacher's Discovery
VI. Love and Envy
VII. Progressive Waves
VIII. The Gift
IX. The Eleventh Dimension
X. Inertia
XI. The Theory of Everything Part 2
2. Phase II: Symmetry
XII. The Consultation
XIII. Diagnosis
XIV. The Argument 1
XV. The Rival's Dilemma
XVI. Surface Tension
XVII. A Reason to Live
XVIII. Potential
XIX. Quantum Chaos
XX. Dark Medicine
XXI. Alive!
XXII. The Prediction
CD 2
1. Phase III: Entanglement
I. Fluctuations
II. Transformations
III. Collision
IV. Side Effects
V. Frequency Modulation
VI. Magnetism
VII. Quid Pro Quo
VIII. String Theory
IX. Fortune?
2. Phase IV: Unification
X. Mirror of Dreams
XI. The Lighthouse
XII. The Argument 2
XIII. The Parting
XIV. The Visitation
XV. The Breaktrough
XVI. The Note
XVII. The Uncertainty Principle
XVIII. Dark Energy
XIX. The Theory of Everything Part 3
XX. The Blackboard (Reprise)
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