Beck
Morning Phase

2014, Capitol
Singer-Songwriter

Purtroppo “Morning Phase” del mattino ricorda, soprattutto, il sonno.
Recensione di Alberto Battaglia - Pubblicata in data: 26/03/14

Si può ancora pensare a Beck come al cantautore di “Loser”, quello che cucinava per i neonati 90s miscugli irresistibili di rap, folk e rock? No, purtroppo. Niente di male, per carità, se con gli anni che passano l'età ti riporta, gradualmente, alla tradizione. Il vero peccato è, semmai, intraprendere questa strada con il volto stanco e il passo molle; come in questo “Morning Phase”. L'ultimo disco di Beck non ha più nulla di quel Beck, come avrete intuito. Si tratta, piuttosto, di un pacato e tradizionale album di folk cantautorale, che, messo a fianco degli esordi di “Mellow Gold” (1994) suona più vecchio nonostante i vent'anni che ha in meno.


Per cominciare, immaginate tempi distesi, pastorali; immaginate le chitarre pizzicate senza il fracasso degli amplificatori, dell'elettricità. Sono queste le premesse per entrare nel mondo di questo album, placido, quasi assopito. Nonostante la produzione e l'arrangiamento delle canzoni abbia la qualità che basta per rendere quest' ultime piacevoli, almeno di primo acchito, non si percepisce, poi, dove Beck voglia ci condurre con questa lenta e, francamente noiosa, serie di acquerelli country.

 

Che qualcosa non va lo si percepisce anche dai momenti apparentemente più originali, come “Wave”, che però si tradisce nell'impostazione generale che richiama alla mente una “Pyramid Song” dei Radiohead, meno onirica e solo più ripetitiva. C'è poco da dire invece delle numerose mid-tempo senza inventiva come “Say Goodbye”, se non che la sensazione di conoscerle già resta incollata dall'inizio alla fine. Alcuni momenti, invece, dànno estemporanee emozioni, come la minimale “Turn Away”, quasi una sua “The Sound of Silence”; oppure “Country Down”, che intona la più classica delle country ballad, per qualche attimo di piacevole nostalgia.


“Morning Phase”, alla fine, sembra riprendere il discorso di “Sea Change”, album in cui il Nostro sembrava cercare un'identità nuova, senza trovarla. Perciò la veste che ha reso Beck importante nella storia degli anni Novanta è, anche giustamente, richiusa nell'armadio. Certo, tutto quello che un tempo rendeva così fresco il suo stile oggi sembrerebbe una semplice caricatura. Ma ciò che offre questo album, che vorrebbe essere un maturo folk d'autore, arrangiato con cura e morigeratezza, non è certo la risposta ai tempi mutati. Purtroppo “Morning Phase” del mattino ricorda, soprattutto, il sonno.

 





01. Cycle
02. Morning
03. Heart is a Drum
04. Say Goodbye
05. Blue Moon
06. Unforgiven
07. Wave
08. Don’t Let It Go
09. Blackbird Chain
10. Phase
11. Turn Away
12. Country Down
13. Waking Light

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