Beartooth
Below

2021, Red Bull Reords
Metalcore/Post-Hardcore

Una fitta sassaiola di pensieri prende piede nel buio più totale, l'atmosfera migliore per sputare via il malessere che divora i nostri istinti vitali.
Recensione di Giampiero Pelusi - Pubblicata in data: 03/07/21

Che i Beartooth fossero la tela bianca per i pittoreschi sfoghi di Caleb Shomo, era chiaro a tutti già dal lontano 2014, anno di pubblicazione del debut "Disgusting". Una vita intera a combattere contro depressione e ansia, la malattia mentale come fulcro di tutte le sue composizioni: l'ex Attack Attack! ha, da sempre, preso e dispiegato l'intricato groviglio di inquietudine che gli cresce dentro, mettendone a nudo ogni singolo tratto. "Below" esplora ancora più in profondità il tema, facendosi condizionare dal periodo pandemico e da come quest'ultimo abbia irrobustito il dolore psicologico che gorgoglia, incontrollato, negli anfratti della mente. E più si va in fondo, più l'ambiente si fa tenebroso. È questa la peculiarità dell'ultima fatica della band di Columbus: "Below" è una fitta sassaiola di pensieri nel buio più totale, l'atmosfera migliore per sputare via il malessere che divora i nostri istinti vitali.


Sofferenza e voglia di rivalsa contro un nemico tanto invisibile, quanto letale, traspaiono nei testi espliciti che Caleb Shomo, mastermind della band, trascrive liberandosi di qualsiasi barriera sentimentale: bocconi amarissimi tradotti in parole scottanti ed intense come quelle della devastante title track, posta in apertura come un ascensore diretto all'inferno che presiede la mente tormentata del frontman. Il riffing appuntito e velenoso di Zach Huston, così come il basso distorto di Oshie Bicar e la batteria di Connor Denis, generano una gabbia strumentale saldissima, a cui si aggrappano liriche affilate come machete. "Devastation", "Dominate", "Hell Of It" testimoniano un sound durissimo e massacrante, che riesce, però, a lasciare un buon raggio d'azione anche all'aspetto melodico, sempre vivo nell'anima della band dell'Ohio.

 

Non solo i ritornelli, delle vere e proprie calamite per le orecchie, ma anche pezzi come "Skin" e "The Answer" illuminano un palcoscenico altrimenti popolato da demoni interiori attraverso una buona dose melodica, cosa che non avviene alla perfezione con il singolo "The Past Is Dead", dove il pop rock si guadagna la scena in una traccia piuttosto scialba. Spicca, quindi, la ruvidezza del post-hardcore e del metalcore, generi fondanti il sound targato Beartooth, ma viene fuori anche una matrice hard rock/alternative metal piuttosto evidente, specialmente in pezzi come "Fed Up" o "No Return", quest'ultima portata a brillare da un imponente breakdown, acido come pochi . Pone fine ai giochi la possente (e piuttosto insipida) "The Last Riff", strumentale dalle sfumature ombrose e sludgy, chiudendo a doppia mandata la prigione sentimentale di Caleb Shomo, ormai quasi completamente spoglia.


L'idea generale che risalta dopo aver ascoltato "Below" è che i Beartooth stanno attraversando un periodo artistico molto ispirato. L'album funziona molto bene, riuscendo nell'arduo compito di bilanciare saggiamente melodia e violenza viscerale, due concetti agli antipodi, ma che in questo disco riescono a trovarsi magnificamente. Tralasciando qualche episodio dimenticabile ("The Past Is Dead" e "I Won't Give It Up" in particolare), l'album travolge positivamente nella sua varietà: difficile trovare momenti di stanca o pezzi troppo simili tra loro, il tutto è architettato in maniera egregia, soprattutto a livello di produzione. Ma il vero punto cardine di "Below" non possono che essere i testi di Caleb Shomo, veri, profondi, impattanti, sicuramente un'ancora di salvezza per chiunque stia soffrendo a livello psicologico. "Below" si prepone il compito di spurgare le cattive sensazioni e, allo stesso tempo, di evitare che queste ricrescano come erbaccia una volta terminato l'ascolto. In fondo, la discesa nell'abisso non è altro che un passo convinto verso i propri demoni: una volta sconfitti, si può solamente tornare su.





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