Benedictum
Obey

2013, Frontiers Records
Heavy Metal

Recensione di Federico Mainardi - Pubblicata in data: 13/01/14

Il catalogo della Frontiers si arricchisce di un altro gruppo che riprende il sound ottantiano traghettandolo nel presente: ecco “Obey”, quarta fatica dei californiani Benedictum. Prima impressione: volumi alti ma produzione abbastanza sporca da trasmettere qualche brivido di piacere agli amanti dell’heavy metal rude e non troppo patinato. Seconda impressione: i Benedictum attingono, con proprietà di linguaggio musicale, dai due mondi adiacenti dell’heavy metal e dell’hard ‘n heavy più infuriato, rigorosamente d’oltre oceano, prendendo spunto da band ormai obliate ma validissime come Warrior, Psychotic Waltz e Rough Cutt. Con questi ultimi condividono il gran tiro, depotenziato, tuttavia, dall’anonimia vocale della pur brava Veronica Freeman. Dotata di una voce tanto potente da riuscire ad appropriarsi senza apparente difficoltà degli stilemi del cantato metal, la Freeman ne fa incetta, e proprio qui sta il problema: anziché riproporre tratti robhalfordiani nei brani più duri (per fortuna solo in quelli), una voce femminile può e deve arricchire il canone metallico con l’apporto di sfumature precluse al cantato maschile. Non è fuori luogo ricordare quella Doro Pesch che fu l’eroina delle donne del metal negli anni ‘80, e che ben comprese l’originalità di un sound ibridato – anche ingentilito – di una voce muliebre.

 

Ciò detto, la qualità di “Obey” rimane in linea con gli standard di buona fattura e varietà cui la Frontiers ci ha abituati: non per niente il primo a scommettere sui Benedictum fu un mostro sacro come Craig Goldy (chitarrista del compianto Ronnie James Dio), mentre Jeff Pilson (Dokken, Dio, Foreigner) è tutt’ora il loro produttore.

 

Tra gli highlights si distingue, al di là delle considerazioni fatte sullo stile vocale della cantante, “Fractured”, in cui la combinazione di ritmiche e voce evoca i fasti di un certo “Master Control” (album con cui i Liege Lord più si avvicinarono alla perfezione del classic metal maturato nei secondi anni ’80 – l’ascolto è caldamente consigliato a chi non lo conoscesse!), mentre i corti cori urlati umanizzano la tecnica con una grinta viscerale degna dei primi tre bellissimi Vicious Rumors. Notevoli anche “Scream”, in cui brilla di luce propria la performance batteristica di Rikard Stjernquist (membro fondatore dei bravi e sottovalutati Jag Panzer) e “Thornz”, le cui sovraincisioni danno a Veronica Freeman l’occasione di sfoggiare finalmente una buona versatilità. Diverso dagli altri pezzi, perché più epico, risulta “Cry” con mr. Tony Martin (Black Sabbath) come special guest.

 

Come sempre buona musica da casa Frontiers, sebbene ancora niente che faccia gridare al miracolo.





01. Dream Of The Banshee
02. Fractured
03. Obey
04. Fighting For My Life
05. Scream
06. Evil That We Do
07. Crossing Over
08. Cry
09. Thornz
10. Die To Love You
11. Apex Nation
12. Retrograde

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