Bent Knee
Land Animal

2017, Inside Out
Art Rock

Cosa accadrebbe se Kate Bush si imbottisse di stupefacenti e si ritrovasse in una versione alternativa degli anni '90?
Recensione di Roberto Di Girolamo - Pubblicata in data: 28/06/17

Tra le formazioni più chiacchierate degli ultimi tempi troviamo sicuramente gli americani Bent Knee, band di Boston che è riuscita ad attirare l'attenzione anche della stampa non specializzata come il Wall Street Journal, il Boston Globe e la BBC. Non a caso, dunque, questo "Land Animal" arriverà alle orecchie anche di persone estranee a particolari "giri" di solito riservati ad addetti ai lavori e agli ascoltatori più smaliziati di alcuni precisi filoni.
 

Gli episodi migliori contenuti in questo disco potranno essere apprezzati anche da chi di solito rifugge dalle espressioni più estrose del rock: l'opener "Terror Bird" sembra uno strano incrocio tra i The Gathering e i Morcheeba dal cantato atonale, la title track si muove tra atmosfere quasi soul e vocalizzi epicheggianti, mentre "Insides In" è indubbiamente il pezzo più sognante, delicato ed emotivo ma anche dinamico. Picchi artistici a parte, tutto il disco è permeato da un'aurea di maturità, mostrando anche un ensemble capace di essere artistico richiamando la Kate Bush più estrosa ("Hole") o preferendo un approccio creativo ma maggiormente diretto e asciutto ("Holy Ghost").

 

Parlando delle prestazioni dei singoli, tutti i componenti sono ineccepibili nelle loro parti, ma la mattatrice è ovviamente Courtney Swain, i cui risultati invoglierebbero a comprare anche un disco contenente registrazioni di suoi sbadigli. La sua voce è lo stesso motivo fondante dei Bent Knee: ne guida la direzione e gli stati e gli strati umorali, sempre in bilico tra baratro ruvido e illuminazione angelica, tra acqua torbida e fuoco purificante, tra morte senza appello e rinascita perpetua. Stiamo parlando dell'estro di una leonessa travestito da quello di una profetessa verginea: la vera e propria norna del pentagramma della band statunitense.

 

Non troppo adatto all'ascolto durante un afoso pomeriggio di giugno, "Land Animal" è da servire in una di quelle giornate grigie in cui il sole prova a fare capolino, sempre minacciato da nuvoloni che sfociano a volte in acquazzoni simultanei a scorci solari luminosi e raggianti. Certo però, a volte, l'eccessiva altalena emozionale sembra essere l'unico motivo fondante di alcune trovate del disco, la cui volontà di stupire e scombussolare viene saltuariamente portata avanti anche a costo della coesione strutturale e della compiutezza artistica dell'opera.

 

L'effetto di straniamento ad oltranza si riflette anche in alcune soluzioni adottate in fase di produzione, soprattutto nel mixaggio, dove il bilanciamento dei volumi appare non sempre adatto. Nonostante questo l'impianto sonoro ha anche aspetti positivi, come ad esempio il sound della batteria radicalmente diverso dalle produzioni più moderne: per una volta è stato emozionante ascoltare, dopo anni a questa parte, il suono dei fusti percossi da un essere umano e non un insieme di sample processati e accatastati fino a nascondere totalmente il carattere, la tecnica e lo stile del musicista.

 

In definitiva, e rispondendo al quesito posto in apertura, se Kate Bush si trovasse in una situazione del genere sicuramente darebbe alle stampe un disco del tutto identico a questo "Land Animal". Né più né meno.





01. Terror Bird
02. Hole
03. Holy Ghost
04. Insides In
05. These Hands
06. Land Animal
07. Time Deer
08. Belly Side Up
09. The Well
10. Boxes

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