Non è così facile essere affascinati da una band che non dimostra e non ha una spropositata ambizione al successo anche perchè di questi tempi ci si aspetta proprio questo da un moniker degno di nota. Vi siete mai chiesti a cosa ha dovuto rinunciare la musica di quella band per arrivare fin dov’è arrivata? Ha portato avanti qualcosa di scialbo e avvelenato dal traguardo, lasciando indietro magari una proposta meno popolare? Beh, cari lettori, questo non è proprio il caso dei Bethlehem, band tedesca attiva dal 1991, sprovvista della più semplice smania d’onnipotenza musicale. Nonostante il genere proposto sia abbastanza underground, (parliamo, infatti, di una proposta Black/Doom/Dark dall’innata venatura elettronica) la band non si è mai montata la testa.
Non si dà delle arie neanche questo settimo album, “Hexakosioihexekontahexaphobia”, titolo drastico ed ermetico quanto semplice nel suo comprendonio, infatti, è proprio la denominazione greca attribuita alla paura del numero 666 e le sue diramazioni, che pur passando anche per un certo tipo di musica, rimane unicamente riconducibile alla figura dell'anticristo e comunque a tutto quello che è un tabù indecentemente fariseo. Dare alle stampe il successore del criptico "Mein Weg", non deve essere stato facile, è bene precisare però che il vecchio fan della band dovrà trovare una pace interiore prima di mettersi all’ascolto, perché a questo giro la brigata tedesca decide di proseguire il proprio cammino sì, ma quasi all’uscio dell’emozione compositiva, sicuramente spettrale e sinistra ma anche tecnicamente ben ragionata e legata a quello che è il “concept” dell’intero lavoro. Dietro le dodici tracce, Jürgen Bartsch, deus ex machina dell’intero progetto, traghetta un ibrido oscuro accompagnandolo con la voce duttile e baritonale di Alexander Schmied, vero trademark della band: la classe ritmica della strumentale “Höchst Alberner Wichs”, la struttura melanconica e sfuggente di una "Gebor’n Um Zu Versagen", una ninna nanna imbrattata di nero ("Nazi Zombies Mit Tourette-Syndrom") ed un innesto corale nella riuscitissima "Ich Aß Gern’ Federn".
“Hexakosioihexekontahexaphobia”, è una scommessa vinta per una band che è stata via per quasi dieci anni. Questo nuovo album, nella sua totale armonia musicale ed anche grazie ad una buona produzione, riesce a rispolverare ed a far scoprire una band che riesce ancora a sfornare ottimi album nonostante il tempo continui a scorrere incurante.