Birdy
Fire Within

2013, Atlantic
Pop

Recensione di Alberto Battaglia - Pubblicata in data: 13/12/13

Quant'è bella giovinezza! E quanta ce n'è in Birdy, la ragazzina inglese che abbiamo imparato ad apprezzare nel suo esordio fatto di cover pulsanti, uscito un paio d'anni fa. Appare tutto vivo anche oggi, anche se un po' meno di prima: la voce stupenda c'è ancora, la partecipazione emotiva anche; le manca però la comodità di suonare le proprie canzoni preferite. Ora Birdy scrive da sé e purtroppo in questo essere troppo giovani non t'aiuta.


Di grandi cantanti che furono soprattutto eccelse interpreti di brani altrui la storia ne è piena, anche se forse bisogna andare un po' indietro. C'erano una volta le Ella Fitzgerald dei tempi in cui scrivere e cantare erano due mestieri diversi, poi l'epoca delle Marianne Faithfull o delle Joan Baez in cui queste convivevano coi cantautori, mentre dalle nostre parti avevamo interpreti come Mina. Adesso invece sembra quasi squalificante nel mondo dell'indie pop essere una cantante che non scrive. Ora, non sappiamo se Birdy s'era davvero stufata, a un certo punto, di fare ottime cover tratte da un repertorio recente e ricercato, ma quel che è certo è che le canzoni di “Fire Within” stufano un po' l'ascoltatore. Una volta che t'abitui alla bella voce e all'interpretazione, pesano sempre di più quegli accordi un po' troppo facili, quelle soluzioni già nelle orecchie, quei testi senza quid. E dire che gli aiuti autoriali eccellenti non sono certo mancati alla nostra Jasmine: come quello di Fraser T Smith (Adele), di Ben Lovett (Mumford & Sons) e molti altri, la cui molteplice influenza può aver contribuito a fare di “Fire Within” un prodotto non sufficientemente riconoscibile.

Alla base del sound restano la voce dell'artista inglese e il suo pianoforte; da lì balenano ora i toni drammatici (“No Angel”), ora quelli allegrotti (“Maybe”), oppure quelli folky che tanto piacciono ai nostri '10s (“Words as Weapons”). Gli arrangiamenti riescono bene, inoltre, a dare spazialità al tepore intimo che evoca la Nostra. Ottima sintesi dei pregi e dei difetti di questa opera la dà il singolo “Wings”, morbido, orecchiabile, consistente quanto basta per funzionare anche sui canali più popolari. Eppure non siamo i soli ad aver notato una certa affinità con “Stop and Stare” degli One Republic (gli accordi e la metrica sono quelli, e pure il co-autore che è lo stesso Ryan Tedder degli One Republic!). Le qualità che non perdono di forza emergono quando Birdy resta da sola con il suo strumento ed è libera di fare come nella sua cameretta, quando sono le sue emozioni le uniche in scena: è il caso di “No Angel” e della conclusiva “Shine”.


“Fire Within” può solo dare una distratta idea della bellezza espressa dalla giovane inglese, ma non di più. Perché purtroppo non basta essere ottimi interpreti - come lo è Birdy - per scrivere un ottimo album. La cantante inglese ha già dimostrato quanto sappia rendere ancora più speciale una bella canzone; il problema è che qui non ce n'è. Magari è proprio colpa della giovinezza, o dell'inesperienza e in futuro crescerà anche come autrice. Ma sarebbe bastato che Jasmine fosse nata in un' altra epoca, quando essere definiti “grandi interpreti” era solamente complimento e mai una riduzione.





01. Wings
02. Heart of Gold
03. Light Me Up
04. Words as Weapons
05. All You Never Say
06. Strange Birds
07. Maybe
08. No Angel
09. All About You
10. Standing In The Way of The Light
11. Shine

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