Black Map
In Droves

2017, eOne Music/Long Branch Records
Alternative Rock

Recensione di Salvatore Dragone - Pubblicata in data: 12/03/17

L'idea di fermare la propria vena artistica non avrà sfiorato le menti di Ben Flanagan, Chris Robyn e Mark Engles neanche per un secondo. I Black Map sono infatti la risposta alla pausa a tempo indeterminato delle rispettive band di appartenenza e l'espressione più genuina di un'amicizia nata sul palco. Engles, chitarrista dei già noti Dredg, decide di iniziare una nuova avventura col cantante e bassista dei Trophy Fire Flanegan, per un certo periodo membro aggiunto del suo gruppo in sede live. A completare la formazione il batterista dei Far Robyn, altro musicista molto attivo nella scena alternativa californiana. Partita senza alcun piano strategico e con la sola voglia di dare voce alla propria creatività, la band di San Francisco ha pian piano attirato le attenzioni degli addetti ai lavori riuscendo a pubblicare il nuovo "In Droves" sotto l'egida di un'etichetta prestigiosa come eOne Music e a suonare in supporto di realtà consolidate come gli Chevelle.
 
La seconda prova sulla distanza del power trio è un'interessantissima combinazione di elementi post hardcore ed alternative rock che scaturisce in quindici canzoni (tredici se si escludono gli intermezzi Transit I e II) emotivamente intense, potenti e mai banali. Quello che colpisce maggiormente di questo album è la loro abilità nel sapersi muovere con destrezza da riff durissimi ad atmosfere malinconiche, richiamando in alcuni momenti le sonorità degli ultimi Deftones. Una dinamicità ottenuta grazie al gran lavoro in sincronia del basso pulsante di Flanagan e del drumming preciso di Robyn, sul quale il riconoscibile stile chitarristico di Engles può sbizzarrissi a proprio piacimento tra distorsioni e trame di delay e riverberi. 
 
E' così quindi che vengono fuori tanti episodi davvero degni di nota come i singoli "Run Rabbit Run" e "Ruin" o il romanticismo decadente di "Foxglove" e "Dead Ringer", nella quali l'ex Trophy Fire può offrire una dimostrazione importante della sua voce cristallina e sensuale. I Black Map hanno molte frecce nel loro arco da potersi giocare e lo fanno intelligentemente mischiando le carte in tavola passando di volta in volta dai ritmi incalzanti di "No Color" e "Indoor kid" all'intimità di "White Fence", che non sarebbe affatto azzardato accostare alla produzione di giganti come gli U2.
 
E se spesso non si può giudicare un disco dalla copertina di certo lo si può fare facendo skip direttamente all'ultima canzone: "Coma Phase" non solo non smentisce quanto di buono sentito prima ma mette in cascina un'altra potenziale hit chiudendo alla grande un disco assolutamente da tenere in considerazione tra i più interessanti del 2017.




01.Transit I
02.Run Rabbit Run
03.Foxglove
04.Ruin
05.Heavy Waves
06.Dead Ringer
07.Octavia
08.Transit II
09.No Color
10.Indoor Kid
11.White Fence
12.Just My Luck
13.Cash for the Fears
14.Transit III
15.Coma Phase

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool