Le modalità del loro nuovo incontro e ritorno sulle scene vengono svelate proprio da Eisley in una recente intevista, in cui lo descrive letteralmente come un'irruzione dell'amico in casa sua, accompagnata dalla frase "E' tempo di finirla con tutto questo e tornare al lavoro!". A quell'episodio seguirono alcune esibizioni dal vivo, a San Diego e a Nottingham, nelle queli i due iniziarono a buttar giù l'idea di scrivere nuovi pezzi per un album; da lì al contratto firmato con la Frontiers il passo fu breve e, a proposito della casa discografica napoletana, lo stesso Eisley dichiarò "la miglior label del pianeta del mondo Rock & Roll già sapeva chi eravamo, ma anche chi siamo ancora oggi. Chiaramente parliamo di Frontiers e dei nostri amici Serafino e Mario".
Il duo viene coadiuvato da Ron Wikso alle pelli, dalla altrettanto lunga militanza in altre bands storiche dell'AOR (The Storm, Foreigner, David Lee Roth), mentre per l'occasione Goldy&Eisley si spartiscono anche il lavoro alle tastiere ed al basso, oltre che nelle parti di chitarra addizionali (nel caso di Eisley). Il sound che ne viene fuori sembra essere la continuazione di quanto proposto da Giuffria e House of Lords negli anni '80, ovvero un AOR elaborato e d'atmosfera, molto keyboards-oriented, che non si uniforma alle esigenze "da classifica" personificate ai tempi da Journey, Toto e Survivor.
I brani proposti si rivelano elaborati e dalla lunga durata, senza piegarsi alle logiche del mainstream, tratti evidenti fin dalle iniziali "The Heart Is A Lonely Hunter" e "Lies I Can Live With", pezzi atmosferici in cui tappeti di tastiere vengono ricamati intorno al brano e fanno da perfetto contorno alla voce di Eisley, roca e avvolgente, sebbene non più incisiva come nei tempi migliori. Affiorano a tratti anche le influenze hard & heavy di Goldy, affinate nei tanti anni trascorsi a fianco di RJ Dio, in brani come "No More Prayers In The Night", forse il più complesso del disco con i suoi 8 minuti di durata, dominato dalle sferzate elettiche del chitarrista e da frequenti cambi di tempo; o nelle scoppiettanti "Soul Of Madness" e "Wings Of A Hurricane", i cui riff debitori di AC/DC, Led Zeppelin e dell'hard rock dei seventies ne fanno dei piacevoli intermezzi, che spezzano efficacemente le atmosfere del resto dell'album.
Non mancano canzoni dall'influenza rock blues, debitrici del southern rock o di bands più tradizionali come i Deep Purple, sparse qua e là nel disco ma più accentuate nell'intensa "Love Of The Game", o in un pezzo più rock come "Track Thirteen". Tra i brani più lenti e introspettivi troviamo "Life, If Only A Memory", in cui le tastiere e la voce sofferta di Eisley creano un'aura soffusa ed evocativa, con i graffianti riff di Goldy che rianimano e trascinano la song, inaspettatamente, proprio nel ritornello; mentre la conclusiva "Believe In One Another" è un lento AOR old-style molto gradevole che ricorda le atmosfere settantiane familiari a un disco immortale come "Infinity" dei Journey.
Eisley / Goldy è un progetto interessante e godibile, dall'elevata qualità musicale, che incontrerà il sicuro gradimento dei nostalgici del genere, soprattutto delle sonorità espresse dai Giuffria e dai primi Journey. E' però un disco che rischia di rivelarsi ostico per chi si è affacciato da poco a questo mondo, sia per la durata forse eccessiva dei pezzi (tutti sopra i 5 minuti) che per la ricercatezza spinta sempre fino al massimo, forse penalizzando il primo impatto uditivo. Non possiamo comunque che apprezzare il progetto che ha riportato sul palco due artisti che avevano ancora qualcosa da dare al mondo del rock, augurandoci che possano esserci sviluppi futuri per la band, tali da consentirgli di smussare qualche angolo anche sul versante del songwriting. Un bel tuffo negli anni '80.