Avete presente quei giardini zen dove, dal centro di un laghetto attorniato da piante, emergono pietre di dimensioni decrescenti impilate l'una sull'altra? A questa immagine sembrano rifarsi i Sevendust, veterani nella scena alternative metal, nella copertina del loro tredicesimo album in studio "Blood & Stone". Ma a modo loro: i sassi non levigati cercano di sfruttare le spigolature per potersi incastrare l'uno con l'altro, l'acqua si tinge di rosso sangue e la vegetazione sullo sfondo appare più come una presenza minacciosa assieme al cielo che volge verso il cattivo tempo. Segno che, tra le asperità della vita, bisogna essere alla ricerca costante di un proprio (nuovo) equilibrio.
Questo sembrano ormai averlo capito da un pezzo anche nella loro musica, quasi mai sbagliando colpi nel confezionare album intrisi di autenticità. La produzione di quest'ultimo è affidata a Michael "Elvis" Baskette, noto guru che ha lavorato anche con Alter Bridge, Slash e Tremonti, e questa rinnovata collaborazione si sente specialmente, durante l'esecuzione dei brani, nella messa in evidenza del tridente Lowery-Connolly-Hornsby, il cui modo di suonare serrato non lascia spazio al superfluo. Inoltre, troviamo come sempre un Lajon Witherspoon carismatico e nel pieno controllo delle sue facoltà canore e, a supportarlo nella tenuta ritmica, il batterista Morgan Rose.
In barba alla scaramanzia, ricorre il numero 13 anche nella tracklist, tanto da non apparire una coincidenza. Il quintetto di Atlanta si presenta con "Dying To Live", biglietto da visita che setta il ritmo dell'album su alte frequenze e viene accompagnato da un video con forti immagini che richiamano il contenuto tematico. A continuare a far presa sull'ascoltatore ci pensano "Love", con il suo ritornello catchy, il singolo "Blood From A Stone", vera chiave di volta della struttura del disco, e la convincente "What You've Become". "Feel Like Going On", invece, si mostra per le sue fattezze più morbide e scorrevoli, con scale armoniche al piano che accompagnano i restanti strumenti verso un finale dai toni epici; allo stesso modo si comportano gli arpeggi sulla sei corde in "Alone". A cavallo dei due lati del disco vi è un momento di stallo con "Nothing Left To See Here Anymore", che risulta la traccia più debole dell'intero lotto; si riprende però vigore nella parte centrale della seconda metà del disco con una Tremonti-like "Against The World". In chiusura, troviamo un omaggio al compianto Chris Cornell con la cover di "The Day I Tried To Live" dei Soundgarden, una brillante reinterpretazione nel loro stile.
Con "Blood & Stone", i Sevendust trovano un nuovo equilibrio. Il disco non spicca per elementi innovativi, se mai per l'ottima produzione e la cura maniacale dei dettagli, con l'intento di valorizzarne ogni aspetto; un plauso, però, va al mantenimento di una certa coerenza artistica anche nel loro lavoro più recente. Quest'ultimo può essere considerato dunque un manifesto in musica dell' intera carriera del quintetto, da cui sia il fan della prima ora che il neofita non rimarranno delusi.