Wolf Alice
Blue Weekend

2021, Dirty Hit
Alternative Rock

Una colonna sonora della nostra interiorità, un atlante emotivo su cui ballare, piangere, bere quel drink in più, ridere.
Recensione di Mattia Schiavone - Pubblicata in data: 05/06/21

Abbiamo lasciato i Wolf Alice tre anni fa, quattro giovani londinesi che, dopo aver pubblicato un secondo album pluripremiato capace di lanciarli tra le band più interessanti d'Oltremanica, hanno messo a ferro e fuoco locali di tutta Europa, partecipando poi ai grandi festival estivi. Dopo un periodo così intenso, il quartetto è volutamente tornato in patria alla vita di tutti i giorni, lasciandosi crescere addosso esperienze, gioie e delusioni, incanalandole verso la scrittura e trovandosi poi a convivere forzatamente - causa lockdown - per tre mesi in uno studio in Belgio, registrando finalmente i brani del terzo album.

 

Considerate queste premesse sembra quasi naturale ascoltare "Blue Weekend" e trovarci sensazioni ed emozioni comuni a questa generazione: eccitazione, amicizia, nostalgia, amore e disillusione si trovano a convivere in un album composto da undici istantanee che partono dalle esperienze personali della band e vengono rivestite di un sentimento malinconico, che giace sotto una patina di euforia in molti brani ed è libero di esplodere in altri. Il risultato può considerarsi simile ai due album precedenti e quindi coerente con il percorso del quartetto, ma quello che si nota immediatamente è un senso di maturazione e crescita personale quanto artistica. Dopo i temi post-adolescenziali di "My Love Is Cool" e le battaglie interiori ed esteriori di "Visions Of A Life", i Wolf Alice arrivano alla soglia dei 30 anni con un bagaglio di esperienze a cui viene dato libero sfogo. I brani di "Blue Weekend", sia da un punto di vista tematico che musicale, mostrano consapevolezza dei propri mezzi, voglia di sperimentare rimanendo se stessi e mettono questa volta in primo piano una fiera sensibilità - "I ain't ashamed in the fact that I'm sensitive/I believe that it is the perfect adjective", canta Ellie Rowsell nell'incendiaria "Smile". Gli stessi temi dell'amor proprio e dell'accettazione di se stessi permeano anche "Feeling Myself", tra i migliori brani mai scritti dalla band, con un finale in cui suoni ovattati e di matrice space si intrecciano con i vocalizzi della cantante. Notevoli dal punto di vista degli arrangiamenti sono anche il singolo "The Last Man Of Earth" e "Delicious Things", incastonata sulle sensazioni contrastanti scaturite da una vita sotto i riflettori delle grandi città.

 

Oltre che sui temi e sulla fantastica versatilità vocale di Rowsell, i pezzi si sorreggono su una sezione ritmica studiata alla perfezione, così come l'intreccio tra le chitarre (acustiche ed elettriche) e le tastiere, che in molti pezzi prendono il sopravvento. Si susseguono in questo modo brani vari e diversi tra loro, come "How Can I Make It OK", altro inno alla sensibilità ispirato alle sonorità pop anni '80, "Lipstick On The Glass", dal ritmo e dal ritornello semplicemente irresistibili e la sporca e acida "Play The Greatest Hits", che profuma di punk, senso di inadeguatezza e mosh. Sorprendono invece le malinconiche "Safe From Heartbreak", pezzo di matrice folk dai vocalizzi angelici e "No Hard Feelings", in cui le emozioni che scaturiscono da giro di basso prendono il sopravvento. Stesso discorso vale per la conclusiva "The Beach II" (che va a collegarsi tematicamente con la traccia di apertura), una magnifica fotografia in musica di un gruppo di amici intenti a parlare sulla spiaggia, sorseggiando un drink.

 

Probabilmente il maggiore punto di forza di "Blue Weekend" (e dei Wolf Alice), oltre al gusto per arrangiamenti e suoni semplicemente squisiti, sta proprio nell'universalità dei temi trattati e delle contraddittorie sensazioni di cui i pezzi vengono impregnati, riconducibili a momenti diversi come una serata folle tra amici, un weekend di alti e bassi, la vita di tutti i giorni: eccitazione e disillusione, euforia e malinconia si susseguono in pezzi capaci di diventare nostri dopo pochissimi ascolti. Difficile prevedere se sarà questo l'album della consacrazione per il quartetto, anche se le carte in tavola ci sono tutte. L'unica certezza è che, in qualsiasi momento, in "Blue Weekend" troveremo forse qualcosa di più di un semplice album: una colonna sonora della nostra interiorità, un atlante emotivo su cui ballare, piangere, bere quel drink in più, ridere.





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